Passione di politica e calcio di passione
“Quella del calcio è l’unica forma di amore eterno che esiste al mondo. Chi è tifoso di una squadra lo resterà per tutta la vita. Potrà cambiare moglie, amante e partito politico, ma mai la squadra del cuore” scriveva Luciano De Crescenzo in Così parlò Bellavista.
Quello del calcio è una passione che mi accompagna sin dall’infanzia e che non mi ha più abbandonato. È nata guardando le meraviglie sul campo dei campioni che giocavano nella mia squadra preferita, e che come una scintilla mi ha dato quell’irresistibile voglia che perdura ancora oggi di emularne le imprese. Molti di quelli che non praticano il calcio o non lo seguono, si chiedono come sia possibile innamorarsi di uno sport in cui bisogna correre dietro una palla. Ma nessuno che non abbia mai provato a giocare o a tifare è in grado di dare giudizi veramente sensati sul calcio, perché solo chi l’ha provato può sapere la contentezza che si prova quando la propria squadra vince o più ancora dopo aver segnato una rete.
Forse solo il politico può aver provato sentimenti simili, quando il partito vince le elezioni, conquista seggi, o quando si è eletti. Queste emozioni si avvicinano a quelle provate per il calcio e similmente rappresentano i momenti più sentiti di tutta una vita.
Anche in questa ultima settimana di sessione parlamentare a Berna, la passione del calcio si è intrecciata in modo del tutto inabituale con quella della politica, così come i diversi modelli di comportamento: cori, strombazzate di auto e bandiere; ma anche leggere i giornali, guardare la tv e discutere animatamente con i colleghi di banco del Consiglio nazionale davanti al caffè.
La febbre del calcio ha contagiato anche i presidenti delle due Camere che in questi ultimi giorni hanno chiuso a gran carriera l’ordine del giorno per consentirci di raggiungere al galoppo i diversi schermi giganti e seguire le partite. In taluni eventi, appunto per evitare la concorrenza con gli esercizi pubblici, si è provveduto ad installare i televisori nel bel mezzo della sala di riunione, liofilizzando le presentazioni sui svariati temi politici a vantaggio di un’improvvisata tifoseria parlamentare capace di indignarsi per un rigore non fischiato e urlare a squarcia gola per un passaggio sbagliato o una rete mancata di qualche giocatore.
Calcio e politica sono dunque due mondi paralleli, in apparenza distanti, in realtà intrecciati. Le relazioni internazionali spesso seguono il barometro dello sport. Ecco perché Angela Merkel non perde una partita della sua Germania, anche a costo di volare in Brasile, per seguirla con occhio vigile serrata nella sua rigida giaccarosso fuoco. Perché sa che c’è di mezzo la politica, il prestigio, la potenza del suo Paese. È la vittoria di Berlino su Lisbona di qualche giorno fa, alla quale ho assistito in compagnia di alcuni colleghi svizzero tedeschi del Consiglio nazionale.
È stato interessante notare che, così come molti ticinesi gufano contro l’Italia, gli svizzeri tedeschi fanno altrettanto nei confronti della Mannschaft. Così come noi per il vicino del sud, pure loro ne rispettano la letteratura, la musica e la filosofia, ma ne temono la potenza e la tendenza ad allargarsi. Il calcio serve anche a questo, a scongiurare pericoli veri o presunti. Forza Svizzera dunque, e non facciamoci problemi a gufare contro i nostri avversari. Nello sport come nella politica…
Fabio Regazzi, consigliere nazionale