Saluto in occasione dell’inaugurazione della Fiera cantonale dell’artigianato Ticino – Bellinzona Expocentro

Presidente Glati Claudio Gianettoni,

Autorità presenti,

Artigiane ed artigiani espositori,

Gentili signore, egregi signori,

 

è un vero piacere, nella mia veste di Presidente della deputazione ticinese alle Camere federali, portare il saluto inaugurale alla quinta edizione della Fiera dell’Artigianato cantonale qui all’Expocentro, dove per 4 giorni una sessantina di artigiani presenteranno il frutto del loro lavoro e di un sapere tramandato da generazioni.

In un periodo economicamente complesso come quello che stiamo vivendo mi sembra importante riconoscere, evidenziare, valorizzare e promuovere questo aspetto peculiare del substrato economico della nostra società, aspetto che rimane un punto di riferimento anche per altri settori per la sua vitalità, capacità di innovazione, varietà e coraggio nel porsi in una nicchia di mercato.

In quanto Gordolese sono poi particolarmente fiero della presenza nel mio comune della Casa dell’Artigiano, aperta di recente, divenuta rapidamente luogo di incontro per tutti gli artigiani interessati alla formazione, produzione, vendita di articoli artigianali e anche di una clientela sempre più vasta e interessata.

Un ulteriore segnale che l’artigianato ticinese, vive, cresce, si rinnova.

Uno spaccato di questa vitalità lo ritroviamo pure in questa Fiera cantonale che ospita una selezione di tutte quelle eccellenze artigiane del territorio che mettono in evidenzia la genialità artistica, manuale e innovativa dei vari operatori di settore. Il nutrito programma di questa manifestazione prevede poi degli appuntamenti specifici dedicati al confronto su idee e temi legati agli sviluppi futuri del settore artigianale.

Ma veniamo al tema di quest’anno, incentrato su un filo conduttore suggestivo e accattivante: “il dono”.

In una società dove troppo spesso prevale sui beni materiali il concetto di “profitto” e di “interesse”, la parola “dono” riferita ai prodotti artigianali assume una connotazione diversa, di grande “generosità” da parte dell’artigiano nel far conoscere e riprodurre delle tecniche appartenenti alla nostra tradizione. Mentre l’acquirente che lo ha scelto contraccambia apprezzando il frutto del lavoro delle mani di donne e uomini.

Riferito all’ambito artigianale, il dono è quindi anche un’espressione di generosità, di libertà da parte dell’artista, che si contrappone “al vuoto” espressivo che ritroviamo solitamente nei beni di consumo, semplici mercanzie standardizzate, spesso brutte e soprattutto superflue.

 

Basta del resto basta fare un giro tra gli artigiani qui riuniti, per rendersi conto come attraverso il grande sforzo di diversificazione e di rinnovo della tradizione, l’artigianato ticinese ha in questi ultimi anni saputo scoprire nuovi materiali, nuove forme, nuove tecniche di lavorazione, nella semplicità e nella genuinità anteriore alle fibre sintetiche e alla lavorazione industriale.

Il grande valore di dono lo vedo quindi oltre che nella bellezza di ciascun prodotto, anche nello sforzo di ridare modernità alla sua autenticità, ai suoi valori, alle sue tradizioni ed alla sua fedeltà ad un patrimonio culturale.

Per tutti questi doni, vi ringrazio di cuore a nome di tutti i Ticinesi augurando a questa manifestazione il successo che si merita.

Fabio Regazzi

Consigliere nazionale e

Presidente della Deputazione ticinese

Escludere le prestazioni nel settore edile dal campo di applicazione dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone

Testo depositato
Si invita il Consiglio federale a intraprendere le necessarie modifiche legislative, in particolare della Legge federale sui lavoratori distaccati (RS 823.20), affinché la lettera b dell’articolo 1 dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP; RS 0.142.112.681) venga interpretata conformemente alla legislazione sugli acquisti pubblici, escludendo quindi dalle “prestazioni di servizio” i lavori edili.

Motivazione
L’ALCP, alla lettera b dell’articolo 1 prevede, stranamente, anche la libera circolazione di imprese per periodi di corta durata (90 gg). Dal canto suo l’articolo 5 della legge federale sugli acquisti pubblici (LAPub; RS 172.056.1) definisce chiaramente i tipi di commessa conformemente agli accordi internazionali GATT. Da questa definizione si evince che l’esecuzione di lavori edilizi o del genio civile non fanno parte delle prestazioni di servizio. L’articolo 3 dell’ordinanza sugli acquisti pubblici (RS 172.056.11) riprende le definizioni dell’articolo 5 LAPub e rimanda per i dettagli agli allegati, chiarendo ancora meglio che le prestazioni edili non sono prestazioni di servizio. Finora tutte le prestazioni, compresa l’esecuzione di lavori edili, sono state ritenute assoggettate alla liberalizzazione decretata dall’articolo 1 lettera b ALCP. Premesso che la gran parte delle prestazioni da parte di lavoratori distaccati e indipendenti italiani in Ticino concernono l’esecuzione di lavori edili, è innegabile che questa facoltà introdotta nell’ALCP ha creato, in particolare nel cantone Ticino – confrontato con un mercato italiano senza regole e in grave difficoltà – una forte concorrenza sleale, dovuta all’impossibilità di verificare i salari effettivamente versati ai lavoratori dipendenti delle imprese della vicina Italia, distaccati in Ticino. Numerose sono state le denunce di questa situazione da parte delle associazioni di riferimento, in particolare della Società svizzera impresari costruttori (SSIC), ancor prima della votazione del 9 febbraio 2014.

A seguito della votazione la SSIC prima e il Consiglio di Stato del cantone Ticino hanno ripetutamente informato e sensibilizzato il Consiglio federale sulle pesanti conseguenze di questa situazione. Chiarendo che queste prestazioni, in analogia a quanto prevede la legislazione in materia di acquisti pubblici, non sono delle prestazioni di servizio e quindi non rientrano nel campo di applicazione di cui alla lettera b dell’articolo 1 ALCP, si risolverebbe il problema alla radice.

Parere del Consiglio federale del 11.02.2015
Uno degli obiettivi dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP) è quello di agevolare la prestazione transfrontaliera di servizi (art. 1 lett. b ALCP). L’ALCP, tuttavia, non prevede una ripresa integrale della libera circolazione dei servizi così come esiste all’interno del mercato europeo, ma soltanto una liberalizzazione parziale (FF, 1999, pagine 5116 e 5270). L’accordo, infatti, contempla unicamente i servizi di durata inferiore a 90 giorni per anno civile e quelli basati su accordi specifici tra Svizzera e UE. Le persone che forniscono servizi per una durata superiore a 90 giorni per anno civile sono sottoposte a una procedura d’autorizzazione (art. 26 della legge federale sugli stranieri). Sono presi in considerazione tutti i settori d’attività, salvo le attività elencate all’articolo 22 dell’allegato I ALCP, ossia le attività delle agenzie di collocamento per impieghi temporanei e interinali, i servizi finanziari soggetti ad autorizzazione e le attività che rientrano nell’esercizio dell’autorità pubblica.

Escludere i servizi del settore dell’edilizia dal campo d’applicazione dell’ALCP richiederebbe pertanto una revisione dell’accordo stesso. Una tale esclusione sarebbe incompatibile con il principio della non discriminazione, che è uno dei pilastri fondamentali della libera circolazione delle persone.

Facciamo presente, inoltre, che la legge federale sugli acquisti pubblici copre sia i lavori edilizi (art. 5 cpv. 1 lett. c LAPub) sia le prestazioni legate alla costruzione, come ad esempio i servizi di architettura e del genio civile (cfr. punti 11 e 12 dell’allegato 1a dell’ordinanza sugli acquisti pubblici). Tutti questi tipi di mandati sono contemplati dall’articolo 1 lettera b ALCP.

Per evitare che il livello salariale svizzero sia messo sotto pressione dalla libera circolazione delle persone e dalla libera prestazione di servizi che ne consegue, sono state introdotte apposite misure di accompagnamento, poi perfezionate a varie riprese. Uno dei loro principi fondamentali è che i prestatori di servizi stranieri offrano ai loro dipendenti le medesime condizioni salariali e di lavoro applicabili ai lavoratori in Svizzera. Proprio nel settore edilizio sono oggi in vigore numerosi contratti collettivi di lavoro (CCL) di obbligatorietà generale che prevedono condizioni salariali e lavorative minime. Grazie a essi, il settore edilizio è al riparo dalle pressioni salariali derivanti dalla libera prestazione di servizi. Il Consiglio federale è consapevole che la situazione in Ticino è tra le più tese in Svizzera. Le misure adottate per contrastare il dumping salariale, tuttavia, tengono già conto delle esigenze specifiche dei cantoni di confine in generale e del Ticino in particolare.

In questo cantone, infatti, è previsto un forte aumento dei controlli: dai 1050 controlli effettuati nel periodo 2013/14 si passerà pertanto a 2250 controlli nel 2015/16 (più di 115 per cento). Nel 2015, inoltre, la Confederazione cofinanzierà un maggior numero di posti legati all’esecuzione di tali controlli.

La questione della prestazione transfrontaliera di servizi, infine, concerne anche l’attuazione dell’articolo 121a della Costituzione federale. Le parti interessate avranno quindi l’occasione di pronunciarsi al riguardo.

Proposta del Consiglio federale del 11.02.2015
Il Consiglio federale propone di respingere la mozione.

Postulato – Fermata AlpTransit a Biasca

Offrire la possibilità di partire e fermarsi a Biasca con AlpTransit per favorire un rilancio economico delle Tre Valli ma soprattutto come compenso ai sacrifici a cui si è sottoposta la Riviera a causa della linea ad alta velocità (vedi articolo apparso il 21.11.2014 su ‘LaRegioneTicino’ a proposito dell’inquinamento fonico a Osogna). È in quest’ottica che il consigliere nazionale Ppd Fabio Regazzi presenterà a inizio della prossima settimana il postulato ‘Fermate AlpTransit a Biasca: affnché la Regione delle Tre Valli non perda il treno’. L’intervento parlamentare a Berna giunge alcuni mesi dopo la mozione di Raffale De Rosa (Ppd) e cofirmatari: presentata in Gran Consiglio ad aprile e non ancora evasa, sottolinea la necessità di valutare la fermata dei nuovi treni passeggeri a Biasca, almeno in alcune fasce orarie, per non tagliare fuori dalla nuova trasversale alpina gli abitanti di Leventina, Valle di Blenio e Riviera. Senza tale fermata i passeggeri dovrebbero raggiungere Bellinzona con un regionale e lì prendere la coincidenza AlpTransit, con un vantaggio di solo un quarto d’ora rispetto al viaggio attuale. Nell’invito che Regazzi fa al Consiglio federale di studiare la fattibilità di una fermata a Biasca, il consigliere nazionale sottolinea la delicata situazione che sta vivendo la Riviera. “La crisi del granito, le difficoltà dell’industria e la perdita di posti di lavoro pubblici dovuti a centralizzazioni e razionalizzazioni hanno indebolito un tessuto economico già fragile”, scrive Regazzi nel suo postulato. La regione si trova già adesso confrontata con un intenso traffico pesante autostradale e dopo l’apertura di AlpTransit è previsto un aumento dei treni in transito: fino a cento al giorno, la maggior parte dei quali convogli merci. “La Riviera rischia di diventare il corridoio di transito per le merci d’Europa”, avverte Regazzi. Secondo il deputato ticinese annettere Biasca alla rete di fermate ad alta velocità è un atto dovuto a una regione che sta facendo molti sacrifici e che ha mostrato disponibilità territoriale ad AlpTransit. «È legittimo che la Riviera faccia sentire la sua voce; bisogna richiamare Berna agli impegni presi», ci spiega Regazzi.

In Riviera come ad Altdorf

Come nella mozione De Rosa, anche nel postulato viene citato l’esempio di Altdorf, la località urana attivatasi per far fermare i convogli AlpTransit investendo in costosi lavori di adattamento della stazione. Proprio prendendo spunto dall’esempio di Altdorf, chiediamo se non sia tardi auspicare ora un studio di fattibilità sulla fermata di Biasca. «La tempistica poteva essere migliore ma non siamo ancora fuori tempo massimo», risponde il consigliere nazionale: «I presupposti e la volontà per trovare un compromesso ci sono». Inoltre, maggior chiarezza servirebbe secondo Regazzi a proposito della vecchia linea del Gottardo, il cui funzionamento è garantito dalle Ffs fino al 2017. Il postulato chiede che nello studio di fattibilità il Consiglio federale faccia luce anche sul mantenimento della tratta storica tra Biasca ed Erstfeld. Da noi contattato il sindaco di Biasca Jean-François Dominé esprime la sua soddisfazione e il totale appoggio all’intervento parlamentare di Fabio Regazzi. «A livello comunale faremo il possibile per ottenere che almeno alcuni treni passeggeri di AlpTransit si fermino a Biasca», afferma Dominé spiegando di aver preso contatto con le Ffs: «Tuttavia per adesso non c’è stato alcun riscontro positivo».

 

Articolo di Samantha Ghisla, in La Regione, 22 novembre 2014

Ecopop: No a un’iniziativa estrema e neocolonialista!

Mancano poche settimane e per la seconda volta quest’anno siamo chiamati ad esprimerci alle urne sul tema dell’immigrazione. Il 9 febbraio ha però mischiato, e non poco, le carte sul tavolo. Così anche l’iniziativa Ecopop, lanciata da un manipolo di persone che credono di salvare il mondo riducendo drasticamente l’immigrazione in Svizzera (fra l’altro anche con la pretesa di intervenire nella pianificazione familiare dei paesi del terzo mondo!) assume un significato del tutto diverso da quanto si poteva immaginare non troppo tempo fa.

Il risultato di febbraio e i primi sondaggi in vista della votazione del 30 novembre confermano qualcosa che in Ticino sappiamo da tempo: l’immigrazione, la sovrappopolazione, ma soprattutto i problemi collaterali ad essi connessi sono più al centro che mai delle preoccupazioni degli Svizzeri. Per noi a Sud delle Alpi – in una situazione comunque piuttosto differente rispetto al resto del paese – questa non è una notizia negativa. Fino a non poco tempo nella Berna federale gli accenni a potenziali scompensi dovuti all’immigrazione venivano sistematicamente negati o, nella migliore delle ipotesi, ignorati. Oggi invece sembrano essere in cima alla lista delle questioni da risolvere di ogni politico a livello nazionale. I grattacapi per l’economia, per le relazioni con l’UE, per quelle tra i diversi Cantoni sono numerosi e complessi, ma vanno pragmaticamente e celermente risolti. Il segnale in relazione all’iniziativa contro l’immigrazione di massa è stato, seppure di strettissima misura, uno di quelli forti, di cui si dovrà tener conto. Come verrà messo in atto questo testo votato dal popolo? È presto per dirlo, anche se alcuni elementi sono da tempo molto chiari: si dovrà regolare sia l’immigrazione sia il frontalierato, così come previsto dall’iniziativa. La quadratura del cerchio, ovvero come rispettare la volontà popolare e nel contempo salvaguardare gli accordi bilaterali, appare estremamente difficile. Ancora una volta, trasporre in legge un simile testo costituzionale sarà un esercizio che richiede doti di grande equilibrismo e dubito fortemente che il risultato finale troverà il consenso dei suoi promotori. Non a caso l’iniziativa stessa prevede un termine di tre anni per la sua attuazione.

Ma torniamo ad Ecopop. Come si inserisce questa iniziativa in un simile contesto? Il minimo che si possa dire è che ci troviamo davanti a un testo dai contenuti estremi, con rigurgiti che non esito a definire di stampo colonialista. È difficile dare infatti un’interpretazione diversa alla proposta di destinare 200 milioni di franchi ogni anno per la pianificazione familiare nei paesi sottosviluppati. La domanda che bisognerebbe porsi è la seguente: ma chi siamo noi per imporre o limitare le nascite di altre nazioni? Vi è poi un altro problema che i ticinesi farebbero bene a considerare: l’iniziativa Ecopop regola sì in modo concreto, e per altro drastico, l’immigrazione ma non spende una sola parola sullo spinoso problema del frontalierato. Insomma, secondo gli inziativisti il traffico e l’inquinamento sono problematici solo se causati da chi risiede in Svizzera, non da chi giorno per giorno vi giunge per lavorare. A dirla proprio tutta, alcuni loro esponenti si sono addirittura azzardati a rimarcare che il frontalierato possa costituire una buona soluzione per adattarsi alle necessità sociali ed economiche.

Proprio ora che oltr’alpe non è passata inosservata la proporzione con cui in febbraio ci siamo espressi per una regolamentazione dell’immigrazione – vedi frontalierato – posizione che come Deputazione ticinese abbiamo spiegato nelle sue ragioni ad ogni occasione che si presentava, accettare Ecopop in Ticino ci squalificherebbe completamente. Infatti, chi crede che con un sì ad Ecopop giunga un’ulteriore segnale a Berna sbaglia fortemente: le votazioni non sono fatte per dare segnali ma per prendere decisioni. Stiamo dunque attenti a non scherzare con il fuoco perché prima o poi arrischiamo di bruciare quello che, con tanta fatica e con molti sacrifici, abbiamo costruito negli ultimi decenni. La politica delle maniere forti, quella che privilegia i toni urlati al dialogo e alla ricerca del compromesso non ha mai risolto anche un solo un solo problema. A maggior ragione oggi quando la priorità è proprio quella di dare risposte pragmatiche e praticabili alle sfide con le quali siamo confrontati.

Fabio Regazzi, Consigliere nazionale PPD e imprenditore

Mozione – Per un uso corretto delle lingue ufficiali nei bandi di gara delle imprese parastatali

Testo depositato

Il Consiglio federale è incaricato di adottare le necessarie misure operative e/o legislative per garantire che nelle imprese parastatali federali l’uso delle lingue ufficiali nelle gare di appalto sia retto da disposizioni analoghe a quelle applicabili ai bandi di gara della Confederazione per l’aggiudicazione di commesse pubbliche.

Motivazione

A seguito di diversi interventi politici, il Consiglio federale ha commissionato una verifica delle pratiche seguite in materia di appalti per quanto riguarda le lingue uf-ficiali. Lo scorso 30 aprile ha preso atto del relativo studio e affidato il mandato di tener conto di alcune delle raccomandazioni in esso formulate e di esaminarne al-tre, annunciando anche una riforma della legislazione in materia di appalti.

Occorre garantire che anche negli appalti delle imprese parastatali le barriere lin-guistiche siano abbattute per quanto possibile. Queste imprese – si pensi ad esem-pio alle FFS o alla Posta – svolgono una funzione identitaria nel nostro Paese, e devono la loro solidità non da ultimo all’importanza economica che rivestono anche per le regioni periferiche. La limitazione delle barriere linguistiche che ostacolano l’accesso alle commesse appaltate da queste imprese contribuisce a garantire a lungo termine la solidarietà nei loro confronti in tutto il Paese.

Nella sua veste di proprietario, il Consiglio federale fissa a scadenza regolare una serie di obiettivi alle imprese parastatali. Non si tratta soltanto di obiettivi economici, ma anche di obiettivi di natura politica da perseguire nella gestione aziendale, defi-niti in considerazione della pubblica importanza di queste aziende e del carattere esemplare del loro comportamento, ad esempio in materia di condizioni d’impiego, di efficienza energetica o di pari opportunità.

Il Consiglio federale è invitato a stabilire quale sia la via migliore per raggiungere l’obiettivo ricercato: un adeguamento della legge federale sugli acquisti pubblici (LAPub; RS 172.056.1) o della pertinente ordinanza (OAPub; RS 172.056.11); la definizione di obiettivi strategici per le imprese parastatali da parte del Consiglio fe-derale in quanto proprietario; provvedimenti di carattere operativo quali ad esempio un’armonizzazione delle condizioni generali delle imprese parastatali con quelle della Confederazione; oppure una combinazione di queste misure.

Parere del Consiglio federale del 12.11.2014

Conformemente alla decisione del Consiglio federale del 30 aprile 2014, in occasione di bandi di concorso le richieste dei partecipanti alle procedure (come domande, domande di partecipazione, offerte, offerte di trattativa) devono essere ammesse in tutte le lingue ufficiali. Questa decisione sarà attuata nel quadro della corrente revisione del diritto in materia di acquisti pubblici e sarà applicabile anche alle procedure di aggiudicazione delle imprese parastatali assoggettate. La decisione del Consiglio federale del 30 aprile 2014 soddisfa pertanto già la richiesta dell’autore della mozione.

Proposta del Consiglio federale del 12.11.2014

Il Consiglio federale propone di accogliere la mozione.

Abolizione della tassazione forfettaria: abbiamo solo da perderci!

Il prossimo 30 novembre i cittadini svizzeri saranno nuovamente chiamati alle urne per esprimersi su delle iniziative popolari, in particolare “Ecopop” e a “Basta ai privilegi fiscali dei milionari”, che minano la stabilità del nostro Paese e dunque della sua crescita.

Questa volta i promotori dell’iniziativa vogliono abolire l’imposizione forfettaria per i facoltosi stranieri che risiedono nel nostro Paese demonizzandoli, ossia facendo della loro ricchezza un privilegio ingiusto, addirittura una colpa e insinuando che questi ultimi sono favoriti rispetto ai contribuenti svizzeri. È innanzitutto necessario smentire questa falsa tesi: gli svizzeri facoltosi non sono svantaggiati dal nostro sistema di imposizione rispetto ai loro corrispettivi stranieri. Infatti i presupposti sono diversi: i facoltosi stranieri risiedono in Svizzera dove però non esercitano nessuna attività lucrativa e vengono quindi unicamente tassati in ragione del loro dispendio in loco. Per inciso, la soglia minima per godere di questa forma di imposizione è stata ulteriormente aumentata e portata a 400’000 franchi nel 2012 dal Parlamento.

Secondariamente bisogna ricordarsi che nelle decisioni di interesse pubblico è bene restare pragmatici e scegliere ciò che è meglio per il Paese e per la totalità dei suoi cittadini. Per poter creare un benessere generalizzato e dunque per non lasciare che si creino divari enormi tra i diversi cittadini, come spesso accade altrove, lo Stato deve poter contare su entrate adeguate che percepisce in gran parte attraverso le imposte. In un contesto internazionale sempre più difficile e in un momento in cui la spesa pubblica continua ad aumentare, rinunciare a delle entrate stimate annualmente a oltre 1 miliardo di franchi (senza parlare dell’indotto economico originato da questi contribuenti) è un vero e proprio autogoal. Infatti, si andrebbe a creare un ammanco che dovrebbe venir compensato dalle famiglie e dalle piccole e medie imprese che sono già sufficientemente tartassate. Oltretutto, grazie alla presenza di queste persone si garantiscono all’incirca 22’000 posti di lavoro in tutta la Svizzera e si favoriscono le casse pubbliche di quei cantoni di montagna o periferici che già faticano a far quadrare i bilanci. Tra questi vi è il Ticino, in cui nel 2012 i circa 900 facoltosi stranieri hanno versato alle casse cantonali 29 milioni di franchi in imposte e 23 in quelle dei comuni. I benefici generati dalla loro presenza sono ancora più lampanti se si pensa che il finanziamento del trasporto pubblico regionale ammonta a circa 50 milioni e che gli stipendi del corpo di polizia cantonale totalizzano all’incirca anche questa cifra.

Alla luce di queste cifre sorge spontanea la seguente domanda: come neutralizzerà il nostro Cantone, per altro già confrontato con un deficit corrente di centinaia di milioni di franchi, le pesanti perdite fiscali che inevitabilmente si verificheranno qualora l’iniziativa dovesse essere accolta? La risposta è scontata: aumentando le imposte ordinarie e tasse varie a carico dei domiciliati! Anche perché ricordiamoci che in molti altri Paesi, limitrofi e non, un sistema di imposizione simile è già in vigore, e quest’ultimi non aspettano altro che un “sì” all’iniziativa da parte degli svizzeri per attirare da loro gli importanti patrimoni dei facoltosi stranieri.

Non facciamoci dunque male da soli per cui vi invito a respingere l’iniziativa popolare “Basta ai privilegi fiscali dei milionari”.

di Fabio Regazzi, consigliere nazionale PPD

http://www.hoehere-steuern-nein.ch/it/argomenti

Non paralizziamo la Banca nazionale: NO all’iniziativa sull’oro!

L’iniziativa popolare “Salvate l’oro della Svizzera” in votazione il prossimo 30 novembre, mira a preservare le riserve auree della Banca nazionale svizzera, obbligandola a detenere almeno il 20% degli attivi (ora ne detiene poco più del 7%) sotto forma di oro. In futuro, oltre all’obbligo di essere depositate esclusivamente in Svizzera, queste riserve non potrebbero più essere vendute.
Leggendo il titolo dell’iniziativa sembrerebbe che il nostro oro sia in pericolo. Un titolo ad effetto per far passare un messaggio sbagliato. Secondo i promotori dell’iniziativa, il mantenimento di 1040 tonnellate di oro è indispensabile per garantire la stabilità del franco svizzero, mentre in realtà la possibilità di acquistare e vendere liberamente degli attivi è cruciale per la gestione di una politica monetaria indipendente. Con le misure proposte si limiterebbe in modo considerevole la capacità di azione della BNS, mettendo in pericolo la stabilità dei prezzi e il benessere economico della Svizzera. La BNS rimarrebbe di fatto paralizzata e in caso di turbolenze economiche, non sarebbe in grado di reagire. Un esempio concreto lo abbiamo ripensando a quanto successo pochi anni fa, durante la crisi economica e la conseguente svalutazione dell’euro sul franco svizzero: la BNS era intervenuta per stabilizzare il livello di cambio, aiutando l’industria di esportazione e salvando diversi migliaia di impieghi.
Nel confronto internazionale la Svizzera detiene la più alta quantità di oro pro capite al mondo. Se l’iniziativa venisse accettata ci ritroveremmo in uno scenario inquietante: avremmo una grandissima quantità depositata nei nostri forzieri. Il paradosso è che questa massa di oro non potrebbe essere nemmeno utilizzata. Inoltre, peggiorerebbe la situazione finanziaria dei cantoni, poiché l’iniziativa abolisce anche l’attuale sistema grazie al quale gli utili della BNS vengono divisi in un terzo alla Confederazione e due terzi ai cantoni, con gravi ripercussioni sulle finanze di questi ultimi.
Per quanto concerne il terzo punto dell’iniziativa, ossia che le riserve di oro siano depositate esclusivamente sul suolo Svizzero, sappiamo che la diversificazione geografica delle riserve d’oro può rilevarsi opportuna in caso di crisi. Per questo motivo il 30% delle nostre riserve d’oro sono depositate presso le banche centrali d’Inghilterra e del Canada, mentre il 70% di esse si trovano in Svizzera. Grazie a questa ripartizione, la Banca nazionale è sicura di poter accedere alle proprie riserve nelle varie piazze immobiliari perfino in caso di crisi, provvedendo così a venderle più rapidamente.
In conclusione ritengo importante mantenere intatta l’indipendenza della BNS nella gestione dell’oro. In caso contrario, dovrebbe acquistare subito 65 miliardi in oro, accumulando grossi quantitativi che rimetterebbero in discussione la sua capacità di realizzare utili a scapito di Confederazione e cantoni.
Il prossimo 30 novembre votiamo dunque No all’iniziativa sull’oro. Preserviamo così l’indipendenza della nostra BNS ed evitiamo di correre rischi inutili minacciando la stabilità dei prezzi in Svizzera.

di Fabio Regazzi, consigliere nazionale