Interpellanza – Progetto di “sviluppo” professionale al DFAE: discriminatorio e poco diplomatico per le donne?

Testo

Chiedo al Consiglio federale:

1. in base a quali valutazioni è stato deciso di abbassare il limite d’età (da 35 a 30 anni) per l’ammissione al concorso diplomatico a partire dal 1. gennaio 2019?

2. Non ritiene questo abbassamento della soglia d’entrata nel corpo diplomatico discriminatorio per la promozione delle carriere femminili, anche alla luce dell’evoluzione sociale descritta nella motivazione?

3. Sarebbe disposto a riconsiderare la decisione riportandola agli attuali 35 anni, o di prevedere delle eccezioni per le madri che hanno avuto un’interruzione di carriera per un periodo di maternità?

 

Motivazione

Nell’ambito del progetto “Sviluppo professionale al DFAE” è stato deciso di abbassare da 35 a 30 anni – con entrata in vigore il 1. gennaio 2019 – il limite di età per l’ammissione al concorso diplomatico di “categoria A”. Un concorso di “categoria B” non pone invece limiti anagrafici, ma sarà attivato a intervalli e solo nel caso di un fabbisogno di personale scoperto. Considerato che la definizione A e B per determinare le modalità di partecipazione a un concorso di questo tipo non è particolarmente “diplomatica”, si ritiene anche che l’abbassamento del limite di età non tenga conto dell’evoluzione sociale, proiettata verso un allungamento della vita professionale, e può anzi rivelarsi discriminatoria per eventuali candidature femminili. Infatti, negli ultimi 40 anni in Svizzera (come in Europa) si è registrato un innalzamento progressivo e generalizzato dell’età media alla maternità verso i 30 anni. Alla base di questa tendenza vi sono due ragioni principali: il prolungarsi della formazione e l’entrata tardiva nella vita attiva. Inoltre, sono le donne tra i 30 e i 39 anni a mettere al mondo sempre più figli (63%). Si invita quindi il Consiglio federale a valutare se un abbassamento del limite d’età per gli esami d’entrata non sia penalizzante per le candidature femminili e se sì di intraprendere i necessari correttivi affinché ciò non avvenga.

Interpellanza – La Svizzera “sala relax” per “jihadisti”?

Testo

1. Come valuta il CF la dichiarazione di Jean-Paul Rouiller, secondo cui in Svizzera vivrebbero legalmente diverse persone sospettate di aver fatto parte di “Al-Qaïda” e dello “Stato islamico”

2. Conferma che è intenzione del CF prorogare la LF che vieta questi gruppi terroristici fino al 2022?

3. Corrisponde al vero che le informazioni raccolte dai servizi segreti non possono venire trasmesse alla Polizia o al MPC?

4. Se così fosse, è intenzione del CF proporre a creazione di una base legale per esentare le autorità dall’obbligo di rivelare le loro fonti, analogamente a quanto fatto dalla Germania? In caso di risposta negativa, per quali motivi?

 

Motivazione

In una recente intervista sulla NZZ, l’esperto di terrorismo Jean-Paul Rouiller ha testualmente dichiarato: “Non è una novità che la Svizzera sia una sorta di ‘sala relax’ per i jihadisti. Fino al 2012 il nostro Paese fungeva da base per attività legate al terrorismo”. Le cose sono cambiate con l’introduzione della LF che vieta i gruppi “Al-Qaïda” e “Stato islamico” nonché le organizzazioni associate del 12 dicembre 2014, che offre una base legale più ampia per poter agire contro persone sospettate di terrorismo. Questa legge è valida fino al 31.12.2018 e il CF sembra intenzionato a prolungarne la validità fino al 2022, anno in cui – come confermato dal DFGP – entrerà in vigore un nuovo pacchetto di misure per combattere il terrorismo. Tuttavia rimane ancora una zona grigia: secondo Rouiller in Svizzera vivono legalmente (grazie a permessi di soggiorno o dimora) diverse persone sospettate di far aver fatto parte di Al-Qaïda, provenienti in particolare da Libia e Iraq, senza che le autorità possano intervenire. I dati raccolti dai servizi segreti, infatti, non possono venir trasmessi alle forze di Polizia, al MPC oppure ai Ministeri pubblici cantonali a causa della protezione delle fonti prevista dalla Legge federale sulle attività informative. “In caso di apertura di un procedimento penale da parte del MPC queste devono essere rivelate e trattandosi spesso di servizi segreti di Paesi ‘amici’, nominarli direttamente è tabù”, ha spiegato Rouiller al quotidiano zurighese. La Germania ha già affrontato la questione e i collaboratori dei servizi segreti non sono più tenuti a rivelare le loro fonti alla Polizia oppure al Ministero pubblico. In Svizzera, ha evidenziato Rouiller, una simile base legale non c’è ancora.

Domanda – I dipendenti SSR esentati dal pagamento del canone. Un privilegio che si giustifica ancora?

I dipendenti della SSR sono esentati dal pagamento del canone radio-TV. Un privilegio, soprattutto da quando con la revisione della LRTV ha reso obbligatorio per tutti il pagamento del canone, anacronistico e ingiustificato.

Chiedo al Consiglio federale:

1. Non ritiene che questo privilegio debba essere revocato da subito?

2. In caso di risposta affermativa, intende intervenire presso i vertici della SSR per chiedere che anche i dipendenti paghino il canone come tutti i cittadini e le aziende svizzere?

 

Risposta del Consiglio federale del 11.12.2017

Oggi i membri del Consiglio d’amministrazione della SSR e delle direzioni nazionali e regionali pagano il canone di ricezione di tasca propria. Per gli altri dipendenti a tempo pleno è la SSR a riprendere l’obbligo di pagamento. Tale aspetto è cosi disciplinato nel contratto collettivo di lavoro (CCL) e nelle condizioni di lavoro generali per i quadri. Con l’introduzione del canone per le economie domestiche, a partire dal 2019, la SSR non si farà più carico del pagamento del canone per i suoi dipendenti. Ciô dovrebbe essere disciplinato nel nuovo contratto collettivo di lavoro che la SSR sta attualmente negoziando con le parti sociali.