Infrastrutture ferroviarie: investire di più per il Ticino

Con l’approvazione da parte del popolo svizzero nel 2014 della nuova impostazione delle infrastrutture ferroviarie, lo sviluppo delle medesime viene ora deciso dal Parlamento federale per le cosiddette fasi ampliamento (FA), ogni 4-8 anni, considerando un orizzonte di realizzazione di 15-20 anni. Ma è nel corso del processo per l’allestimento delle FA, condotto dall’Ufficio federale dei trasporti (UFT), che si operano le decisioni più importanti per lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie. Dando seguito a questa nuova procedura, nella recente sessione delle Camere federali è stato approvato il messaggio relativo al Programma di sviluppo strategico dell’infrastruttura ferroviaria, fase di ampliamento 2035 (PROSSIF FA 2035). Alla fine il Parlamento ha deciso lo stanziamento di quasi 13 miliardi di franchi, aumentando di circa 1 miliardo la somma originariamente proposta dal Consiglio federale. Grazie a questo importante pacchetto di investimenti, sarà possibile migliorare rapidità, qualità, stabilità, affidabilità e puntualità del traffico viaggiatori, mentre per il traffico merci si prevede un potenziamento sull’asse est-ovest e tracce supplementari destinate al settore cargo su diverse linee, tra cui la Zurigo-Lugano. Nell’ambito di questi finanziamenti miliardari, sono previsti anche alcuni investimenti per il Ticino: ne fanno parte il progetto della rete tram-treno del Luganese, la nuova fermata ferroviaria Bellinzona-piazza Indipendenza, il potenziamento della linea FART fra Locarno e Intragna e, non da ultimo, l’ampliamento dello scalo merci di Cadenazzo, che vanno ad aggiungersi ad alcune opere già in fase di realizzazione come il potenziamento della linea fra Contone e Tenero. Fin qui bene. Tuttavia sul tavolo rimane un tema fondamentale al quale non è purtroppo stata data una risposta soddisfacente. Mi riferisco al completamento di Alptransit sul territorio del nostro cantone, segnatamente la circonvallazione di Bellinzona e soprattutto la prosecuzione a sud di Lugano. Per la prima, un’opera originariamente prevista che consentirebbe di deviare il traffico merci evitando il passaggio lungo la tratta densamente abitata fra Bellinzona e Giubiasco, i tempi si prospettano ancora molto lunghi. Per la seconda invece, che non sembrava rientrare fra le priorità dell’UFT, in occasione del dibattito agli Stati c’è stata una dichiarazione della consigliera federale Simonetta Sommaruga, che confermava che gli studi per il completamento di Alptransit a sud di Lugano sarebbero iniziati subito. Nella mia qualità di membro della Commissione dei trasporti del Consiglio nazionale ho cercato di capire, sia in commissione sia durante il dibattito in aula, la reale portata di questa dichiarazione, che a dire il vero aveva sorpreso un po’ tutti. Da questi approfondimenti è in realtà emerso che se da un lato il Consiglio federale ritiene questa opera molto importante e di valenza nazionale, dall’altro non ci sono ancora elementi che lasciano intendere un sostanziale cambiamento rispetto a quanto già stabilito non prima del 2022, quando si potrà disporre di un quadro più preciso e attendibile. Non si tratta certamente di una buona notizia per il Ticino, che legittimamente ritiene che il completamento di Alptransit a sud di Lugano debba essere messo in cantiere al più presto per consentire un aumento della capacità di trasporto passeggeri (sia sull’asse Milano-Zurigo sia per quello regionale) ma anche delle merci. Occorrerà in ogni caso tenere alta la pressione politica su questo dossier affinché le tempistiche di realizzazione vengano significativamente accorciate rispetto a quanto inizialmente previsto. A fronte di questa nota negativa, merita di essere segnalata una piccola consolazione a beneficio delle Tre Valli: grazie ad un emendamento che avevo presentato in Commissione dei trasporti, il Consiglio federale ha incluso nella citata lista dei progetti anche il cosiddetto Salto del Montone in località Giustizia a Osogna, chiesto fra le altre cose in occasione del dibattito sull’ubicazione delle Nuove Officine e pure oggetto di una petizione promossa dai Comuni della Bassa Leventina. Insomma, per il Ticino bene ma non benissimo. C’è dunque ancora parecchio lavoro che ci attende per difendere gli interessi del nostro cantone; per farlo bisogna bussare alle porte giuste, ai piani alti dell’amministrazione federale e tessere le giuste alleanze politiche. È anche questo il ruolo di un parlamentare di lungo corso.

In, Corriere del Ticino, 31 agosto 2019

La festa nazionale del Primo di Agosto è ancora attuale, oppure necessita di cambiamenti dovuti ai tempi?

Costa dell’Albera, 20 luglio 2019

 

Stimato Giancarlo Maretti, infaticabile organizzatore dell’evento

Stimati oratori,

Autorità religiosa

Care e cari concittadini,

 

è per me sempre un grande piacere esprimermi da questo suggestivo balcone che dà sulla valle Morobbia. Desidero pertanto ringraziare Giancarlo Maretti per l’invito, il suo entusiasmo e la sua perfetta organizzazione dell’evento.

Da quando sono diventato Consigliere nazionale i festeggiamenti del Primo di Agosto sono un’occasione privilegiata per riflettere sui valori fondanti del nostro Paese in un’ottica contemporanea.

Chiedersi se la festa nazionale è ancora attuale, oppure necessita di cambiamenti dovuti ai tempi, è un pò come rimettere in discussione tutta una serie di simboli svizzeri: ad esempio se il cioccolato dev’essere fabbricato ancora con il cacao, oppure adeguarlo alle nuove tendenze della moda gastronomica; se l’orologio a cucù deve sostituire il simpatico pennuto con un orpello per non urtare le sensibilità degli ambienti animalisti; se Heidi non andrebbe ricollocata a New York, località certamente più trendy e modaiola per una giovane influencer nazionale della sconosciuta Maienfeld, e se anziché i gerani sui nostri chalet non si dovrebbe annaffiare i bonsai, nel nome della oramai globalizzazione anche degli arbusti.

Cambiamenti in alcuni di questi simboli peraltro già in atto, penso al cioccolato senza zucchero, senza grassi o vegano che personalmente mi intristisce.

Comincierei con il dire che ogni Stato moderno, le cui frontiere non siano state disegnate a tavolino da altre nazioni, come è capitato per alcuni Stati dell’Africa, ha una sua festa nazionale:

  • gli Stati Uniti festeggiano il 4 luglio, il giorno dell’Indipendenza che commemora l’adozione della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’Americail 4 luglio 1776, con la quale le Tredici colonie si distaccarono dal Regno di Gran Bretagna.
  • La festa nazionale francese del 14 luglio è stata istituita dal 1880 per commemorare un’altra festa, quella della Federazionedel 1790, giorno dell’unità nazionale.
  • La festa nazionale della Repubblica Italianaricorre il 25 aprile ed è simbolo della lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate alleate ed anche dalle forze partigiane.

A differenza di questi atti fondanti quello svizzero è però il frutto di una costruzione simbolica posteriore. La data del 1291 corrisponde invero alla stipula di diversi Patti federali, poi dimenticati sino al XVIII secolo. A favore della riscoperta del 1291 contribuì la tendenza di quel periodo a preferire quale momento della nascita della Confederazione una fondazione sancita da un atto giuridico piuttosto che una congiura rivoluzionaria. La celebrazione annuale venne introdotta solo nel 1899, quando il Consiglio federale invitò i cantoni a far suonare le campane la sera del Primo agosto, non da ultimo su insistenza degli Svizzeri all’estero, che volevano avere il loro Quattordici Luglio. Ulteriori elementi fondamentali della nostra festa nazionale divennero i falò e i discorsi ufficiali, cui si aggiunsero i lampioncini e in misura sempre maggiore i fuochi d’artificio. Prima era un giorno feriale come tanti e solo dal 1993, e a seguito dell’immancabile votazione popolare, l’83,8% dei votanti, ha decretato l’introduzione della festività del Primo agosto in tutta la Svizzera.

Tornando alla domanda posta dal nostro moderatore: la festa nazionale del Primo di Agosto è ancora attuale, oppure necessita di cambiamenti dovuti ai tempi?

Il dilemma non è da poco. Si ha tra le mani – con la festa del Primo di Agosto – quello che forse è il prodotto più riconoscibile per gli oltre 6 milioni di residenti in Svizzera, che non ha bisogno di promozioni, pubblicità o testimonial pagati, di cui si vendono migliaia di pezzi (penso ai fuochi d’artificio) e per i quali non serve altro per mantenere certi livelli, basta non variare registro. Un prodotto o brand del genere è il sogno di qualunque ufficio marketing.

Poi arriva la politica e qualche buontempone, come noi oggi, e le cose si complicano: ci si chiede se non ammodernare i miti, i simboli nazionali, rivisitarli in chiave contemporanea, rivederne le origini, attibuire altri valori, responsabilità… Eppoi cosa rimane?

Nella migliore delle ipotesi, si introduce qualche accorgimento tecnico: inviamo i nostri auguri per sms, via social, prepariamo dei video con croci svizzere ad effetto, rinnoviamo il nostro parco gadget, aggiungiamo qualche elemento etnico tanto per rafforzare la vocazione internazionale del nostro Paese

Nelle peggiori, togliamo la croce dalla bandiera, aggiungiamo ritmo al Salmo svizzero, ne stravolgiamo le parole perché creativo le ritiene non abbastanza moderne.

 

In realtà quando l’Inno nazionale così come la Festa del Primo di agosto hanno un significato simbolico. Ma non solo: Il Salmo rappresenta il nostro Paese a tutti gli effetti, come il nome “Svizzera”, come la bandiera a croce bianca su sfondo rosso, come la Festa del primo di Agosto. Le categoria bello, brutto, moderno e vecchio non si applicano ai simboli. I simboli servono per richiamare alla mente dei concetti, un passato storico comune, dei valori condivisi, e non per appagare il gusto di qualche illuminato mosso da criteri estetici pur sempre soggettivi e individuali. Non si suona il Salmo Svizzero per ascoltare della buona musica, ma per far presente a chi ci ascolta che qualcuno sta rappresentando la nostra Patria, il suo popolo, le sue istituzioni. Così come non si festeggia il Primo di Agosto come se fosse il Rabadan, peraltro altro simbolo a modo suo.

 

Ogni tanto alcune nazioni cambiano la bandiera e così persino il nome, e magari anche la Festa nazionale. Per esempio l’Italia, quando è diventata una Repubblica, ha tolto lo stemma sabaudo dalla bandiera e ha modificato la propria denominazione ufficiale da “Regno d’Italia” a “Repubblica Italiana” nel 1946.  Sempre nel secondo dopoguerra ha pure fissato il 25 aprile la festa nazionale della Repubblica Italiana, simbolo della lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate alleate ed anche dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale  contro il governo fascista e l’occupazione nazista.

Quindi, ancora una volta, questi cambiamenti di denominazione, date e festività si fanno per motivi estetici o per rimanere al passo con i tempi. Si fanno per rispecchiare radicali cambiamenti nella struttura stessa della nazione.

Così come sono contrario all’idea di dare nuovo slancio all’inno del 1841, perché melodia e testo del cantico svizzero, costituiscono un’unica entità che conserva ancor oggi intatta la propria identità, non capisco le ragioni di doveri rivedere il Primo di Agosto.

Attraverso la festa nazionale, fondata su una serie di ricostruzioni a posteriori come nel caso dei Patti federali, si possono ricostruire l’identità e la memoria pubblica di una nazione e le sue trasformazioni nel corso del tempo. Nella celebrazione la Svizzera racconta se stessa, e plasma il suo carattere identitario. È significativo come la Festa del Primo di agosto abbia comunque uno stretto rapporto con il clima politico-culturale che percorre la nostra società nel succedersi delle sue differenti congiunture storiche e nel cumularsi e susseguirsi delle generazioni.

Rivedere quindi il “nostro”  Primo di Agosto, dovrebbe essere il frutto di una trasformazione culturale e sociale che contribuisce a modificare la nostra memoria collettiva e i nostri assunti identitari, che non può essere decisa a tavolino.

A noi politici il compito semmai di mostrare nei fatti e nelle parole di circostanza espresse in occasione del Primo di Agosto, quanto il lavoro sul terreno di un patriottismo fondato sui valori elvetici della capacità del compromesso, del rispetto della minoranze, dell’indipendenza negoziata rispetto all’esterno siano importanti per la vita collettiva e per la qualità di una democrazia, e quanto possano contribuirvi la memoria pubblica, i simboli e i riti della politica, se presi sul serio.

Quindi, care amiche e cari amici il Primo di agosto non ha perso smalto anche in un contesto mutato negli anni. Anzi, è appunto in un’epoca di cambiamenti che dobbiamo mantenere lo spirito e il corpo delle nostre tradizioni. Per questo dobbiamo mantenere in nostro inno e la nostra Festa nazionale. Le tradizioni di oggi sono state innovazioni di ieri: inventiamo semmai tradizioni future ma continuiamo a onorare quelle del passato.

Eccovi cari amici la mia risposta. Adesso potete dare la vostra.

Fabio Regazzi,

Consigliere nazionale

 

Migliorare la collaborazione tra datori di lavoro e medici: inserimento professionale di collaboratori ammalati

1. Signor Regazzi, la preghiamo di presentarsi
Sono nato a Locarno 57 anni fa. Nel 2000 ho lasciato la mia professione di avvocato e notaio per riprendere la conduzione dell’azienda di famiglia, la Regazzi Holding SA, di cui oggi presiedo il consiglio di amministrazione.
Attivo in politica sin da giovane, nel 2011 sono stato eletto nel Consiglio nazionale dove sono membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, occupandomi intensamente di mobilità in ogni sua forma e vettore. Nel 2012 ho assunto la presidenza dello Swiss Shippers’ Council, associazione che opera nel settore del trasporto merci nell’interesse dell’industria e del commercio elvetici. Dal 2015 sono presidente dell’Associazione delle Industrie Ticinesi (AITI) e nel 2017 sono entrato nel comitato direttivo dell’Unione Svizzera degli Imprenditori (USI).
Nella vita ho tre passioni: lo sport, la caccia e la politica.

2. Qual’è la sua motivazione per impegnarsi nell’ambito di Compasso?
Come imprenditore di un’azienda che dà lavoro a 128 persone mi sento personalmente responsabile della salute dei miei dipendenti. Ritengo importante favorire il loro benessere quando lavorano e a maggior ragione mi sento coinvolto quando incappano in problemi di salute o infortuni. Interpreto il mio impegno presso Compasso come un’opportunità per migliorare le strategie di reinserimento professionale dei propri dipendenti, ma anche – come presidente di AITI – l’occasione per divulgare le linee guida promosse da Compasso presso gli oltre 200 associati, aziende legate al mondo industriale ticinese, allo scopo di migliorare la cooperazione tra datori di lavoro e medici, e per facilitare il reinserimento professionale dei lavoratori.

3. Dal suo punto di vista di Presidente del Consiglio di amministrazione della Regazzi Holding SA, quali consigli concreti può fornire ad altri datori di lavoro nel settore dell’integrazione professionale?
All’interno della mia azienda gli infortuni sono rari e le assenze dal lavoro pure, forse perché il clima di lavoro è buono. Ciò detto nella vita la malattia e le avversità sono dietro l’angolo. Quando capita è mia abitudine prendere contatto rapidamente con il collaboratore per sincerarmi del suo stato di salute. Essendo la mia un’organizzazione di medie dimensioni ho sempre privilegiato i contatti umani personali ed è quanto mi sento di suggerire come primo consiglio. A mio parere il reinserimento professionale inizia già nel periodo in cui il dipendente si assenta per malattia o infortunio: è a quel momento che occorre stabilire un primo contatto per instaurare quella fiducia necessaria per poter concordare con lui dapprima, con il medico poi, il rientro graduale sul posto di lavoro o magari, se necessario e fattibile, la necessità di una riqualifica per cambiare funzione. L’esperienza, suffragata dalla letteratura, m’insegnano che riprendere contatto gradualmente con il lavoro, i propri colleghi e le proprie competenze lavorative costituiscono un elemento imprescindibile e importante del percorso di guarigione di ognuno di noi.

Intervista su Compasso