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Fabio Regazzi
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Interpellanza – Gestione del traffico ai portali del Gottardo

26 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Testo depositato

Chiedo al Consiglio federale:

1. Dal 1995 a oggi i transiti attraverso la galleria stradale del Gottardo sono rimasti piuttosto costanti mentre le code ai portali negli ultimi anni hanno subito un aumento considerevole: conferma questa valutazione e se sì come si spiega?

2. A fronte di questa preoccupante evoluzione sono state valutate delle misure per migliorare la situazione?

3. Fermo restando che la sicurezza è importante, non ritiene in particolare che il sistema “a contagocce” di gestione del traffico ai due portali dovrebbe essere ripensato e reso più dinamico?

4. Per quale motivo al portale sud del tunnel del Gottardo la terza corsia di emergenza, almeno nel periodo estivo, non viene trasformata in corsia di uscita per coloro che vogliono percorrere il passo del San Gottardo o della Novena, analogamente a quanto avviene al portale nord?

5. In caso di panne di veicoli o incidenti all’interno della galleria sono pensabili misure per velocizzare gli interventi di soccorso, riducendo così il tempo di chiusura del tunnel?

Motivazione

Dal 1995 in poi le statistiche indicano che i transiti attraverso il tunnel Gottardo sono rimasti piuttosto costanti, seppure con un andamento altalenante. Ciò nonostante la sensazione è che le ore di colonna ad entrambe i portali siano, soprattutto negli ultimi anni, significativamente aumentate anche al di fuori dei periodi più sensibili con il conseguente impatto ambientale che ciò comporta per gli abitanti di Uri e della Leventina, senza dimenticare l’incremento del traffico parassitario nei paesi. A questo riguardo sarebbe interessante sapere se esistono statistiche che confermano questa valutazione. In ogni caso questo importante incremento delle code a fronte di transiti costanti risulta difficilmente giustificabile. Molti, e fra questi anche qualche esperto, ritengono che il cosiddetto sistema “a contagocce” debba essere ripensato e reso più dinamico. In questo senso sarebbe pertanto auspicabile che USTRA si chini su questo tema per valutare soluzioni alternative. Sempre restando in tema non si comprende per quale motivo, almeno nei periodi estivi, al portale sud non viene adottatala soluzione in vigore al portale nord che prevede l’utilizzo della corsia di emergenza quale uscita verso i passi. Non da ultimo anche la gestione in caso di panne e incidenti andrebbe ottimizzata nell’ottica di ridurre i tempi di chiusura del tunnel.

Interpellanza – Progetto terzo binario a Bellinzona: le FFS devono rispettare la legge

25 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Testo

Chiedo al Consiglio federale:

1. È informato che le FFS nel progetto per la realizzazione del terzo binario a Bellinzona prevedono superamento di ben 4,2 volte (!) il valore limite del flusso elettromagnetico (microtesla) imposto dall’Ordinanza federale sulle radiazioni non ionizzanti (ORNI)?

2. Come valuta questa situazione e anche il fatto che le FFS non hanno ritenuto di informare le autorità comunali di Bellinzona e gli abitanti potenzialmente toccati, fra i quali ci sono anche degli allievi di scuola elementare che frequentano una palestra?

3. Ritiene accettabile, come hanno lasciato intendere nel Rapporto di impatto ambientale (RIA), che le FFS – azienda di proprietà della Confederazione – a fronte di un superamento di oltre il 400 percentuale chiedano una deroga ai limiti imposti dall’ORNI?

4. Intende intervenire sulle FFS affinché queste disposizioni a tutela della salute pubblica vengano rispettate? Se no, non ritiene che ci sarebbe una disparità di trattamento con le aziende private creando un pericoloso precedente?

Motivazione

Nell’ambito della realizzazione del progetto di terzo binario a Bellinzona le FFS prevedono un superamento del flusso elettromagnetico (microtesla) provocato dalla linea di contatto da 15 000 Volt di ben 4,2 volte (!) rispetto al limite imposto dall’ORNI. Stando a quanto dichiarato ai media dal sindaco di Bellinzona, di questo importante superamento né il Municipio e nemmeno i confinanti toccati erano stati informati. Da parte loro le FFS, nel relativo RIA hanno preannunciato di voler chiedere una deroga all’ORNI, lasciando intendere che non esistono margini di manovra nei limiti della fattibilità tecnica e finanziaria per ulteriori ottimizzazioni. Il tema ha suscitato una viva preoccupazione sia a livello dell’autorità politica comunale che della popolazione potenzialmente toccata, e in particolare dei genitori degli allievi della scuola elementare di Bellinzona Sud, la cui palestra si trova nel perimetro toccato dalle radiazioni; l’associazione che li rappresenta ha inoltrato opposizione contro il progetto, che va ad aggiungersi a quella del Municipio di Bellinzona e di diversi confinanti. A fronte di questa situazione, il Consiglio federale dovrebbe intervenire sulle FFS affinché vengano adottati tutti i provvedimenti necessari per rispettare le disposizioni legali in materia di salute pubblica: da un’azienda della Confederazione è lecito attendersi che dia il buon esempio!

Iniziativa – Esentare le PMI dall’obbligo di pagamento del canone radio-tv!

20 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Tutte le aziende con meno di 250 dipendenti dovrebbero essere esentate dal canone radiotelevisivo, che da quest’anno viene imposto a tutte le persone giuridiche con un fatturato superiore ai 500mila franchi.

È questa la proposta contenuta in un’iniziativa parlamentare inoltrata ieri dal Consigliere nazionale Fabio Regazzi e sottoscritta da ben 50 colleghi, tra i quali i deputati ticinesi di PPD, PLR, Lega e UDC e anche dai presidenti di tre important Partiti (Albert Rösti/UDC, Gerhard Pfister/PPD e Jürg Grossen/VL). L’imposizione delle aziende ha permesso di ridurre l’onere a carico delle economie domestiche a 365 franchi. Va ricordato che con il canone la SSR può incassare al massimo 1,2 miliardi di franchi. L’onere totale a carico delle persone giuridiche è di circa 190 milioni di franchi.

A differenza della proposta formulata con un’analoga iniziativa parlamentare di Gregor Rutz (UDC/ZH), la soluzione qui proposta vuole tutelare le PMI che sono state pesantemente ed inguistamente chiamate alla Cassa con la nuova tassa radio-tv: basti pensare che ci sono piccole imprese che nel regime precedente pagavano 200  franchi per lo stesso apparecchio radiofonico in officina e ora ne versano ben 5.750, vale a dire 26 volte di più!.

Invece del discutibile e molto criticato criterio della cifra d’affari, viene ora proposto di prendere in considerazione il numero di collaboratori: la soglia di 250 dipendenti corrisponde alla definizione attuale della taglia delle piccole e medie imprese. Il calcolo verrebbe fatto in termini di posti a tempo pieno e gli apprendisti non verrebbero presi in considerazione. Va infine ricordato che la ragione d’essere delle aziende non è di tenere i dipendenti davanti alla TV durante l’orario di lavoro e considerato che comunque le persone fisiche che le compongono versano già il canone nelle rispettive economie domestiche, farlo pagare alle imprese (e soprattutto alle PMI) rappresenta una doppia imposizione ingiustificata che va corretta.

Interpellanza – Piano d’azione nazionale anti-mafia: a che punto siamo?

19 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Testo

In una recente intervista (RSI, Quotidiano, 02.09.2019), la Direttrice Nicoletta Della Valle ha confermato che l’Ufficio federale di polizia ha affinato e sviluppato i contenuti del piano antimafia, annunciato poco meno di un anno fa, dichiarando anche come il fenomeno sia purtroppo stato per lungo tempo sottovalutato in Svizzera.  La Direttrice di Fedpol ha poi precisato che il piano contempla soprattutto misure di polizia amministrativa e ha carattere preventivo. Considerato che ad oggi il piano antimafia non è ancora stato presentato ufficialmente, chiedo al Consiglio federale:

  1. Condivide l’affermazione della Direttrice di Fedpol secondo cui il fenomeno delle mafie sia stato sottovalutato dalle autorità svizzere?
  2. Il piano di lotta alle mafie avrà dunque l’impostazione e il respiro di un vero e proprio “piano d’azione nazionale” (PAN) sul modello del Piano d’azione nazionale contro il terrorismo?
  3. Quando verrà presentato ufficialmente?
  4. Oltre alla prevenzione e alla formazione, il futuro piano prevede nuove misure di coordinamento tra cantoni, Confederazione e MPC, e di perseguimento del fenomeno mafioso? Se sì, quali?
  5. Considerate le difficoltà e i ritardi della Svizzera nel perseguimento delle organizzazioni mafiose, all’interno del futuro PAN sono previste misure per potenziare la dotazione del MPC ?
  6. Dal momento che da alcuni anni cantoni di frontiera come il Cantone Ticino hanno accresciuto il loro impegno nella lotta al fenomeno, anticipando anche delle misure sul piano federale, non ritiene il Consiglio federale di dover aumentare le risorse destinate ai cantoni più a rischio di infiltrazioni mafiose?

 

Motivazione

Il pericolo di infiltrazioni mafiose è stato a lungo sottovalutato in Svizzera per stessa ammissione di Fedpol, anche a causa di problemi sistemici sia a livello di effettivi sia nella ripartizione delle competenze tra Confederazione e cantoni. Negli ultimi anni grazie a una migliore collaborazione tra Fedpol e le autorità di polizia del Cantone Ticino, sono stati emanati 13 divieti di entrata per persone condannate all’estero per mafia. Da lì l’importanza per la Svizzera di dotarsi di un vero e proprio piano d’azione nazionale anti-mafie esteso a tutti i cantoni, riconoscendo nel contempo a questi ultimi e allo stesso MPC maggiori competenze e anche risorse.

Domanda -Svapare può essere pericoloso. Quali misure preventive per le sigarette elettroniche?

18 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Testo

Negli Stati Uniti si segnalano sette morti per effetto del “vaping”. Come negli altri casi, il decesso è avvenuto per una grave insufficienza polmonare causato, pare, dal cocktail di aromi.

Chiedo al Consiglio federale:

1. Come valuta le cause dei decessi a causa del “vaping”?

2. Intende limitare il consumo e la vendita di sigarette elettroniche, e se sì come, considerato che gli aromi attraggono soprattutto i giovani?

3. Intende promuovere delle campagne di sensibilizzazione mirate ai minori?

Domanda – Cosa intende fare l’USTRA per snellire il traffico in attesa del collegamento veloce del Locarnese?

18 Settembre 2019/0 Commenti/in Atti parlamentari /da admin

Testo

A partire dal 1° gennaio 2020 la tratta fra Locarno e Bellinzona passerà alla Confederazione. Attualmente sono in corso valutazioni sul progetto presentato dal Canton Ticino ma nella migliore ipotesi passeranno ancora parecchi anni prima di vederlo realizzato.

Tenuto conto che il traffico su questo tratto di strada è molto intenso e che il popolo ticinese ha respinto a larga maggioranza un progetto di semaforizzazione, chiedo al Consiglio federale: quali misure intende adottare USTRA per migliorare la situazione?

No all’iniziativa UDC per un’immigrazione moderata

16 Settembre 2019/0 Commenti/in Discorsi /da admin
Intervento al Consiglio nazionale, 16 settembre 2019

26’500 esattamente 20 anni fa, 66’300 nel mese di luglio di quest’anno: sto parlando dei frontalieri che giorno dopo giorno giungono dall’Italia – spesso uno per macchina – verso il Ticino. Si tratta una crescita di oltre il 150% mai vista prima che, ad esempio nella città di Mendrisio, ha portato il numero di lavoratori frontalieri a superare le forze lavoro indigene. Accompagnato da una crescita molto percepita del traffico pendolare e il conseguente aumento delle ore di colonna che quotidianamente congestionano i principali agglomerati e assi stradali ticinesi, ecco che il fenomeno non passa inosservato e preoccupa più di una minoranza. E diciamo anche subito non sarà facile, care colleghe e cari colleghi, per un Ticinese, non lasciarsi perlomeno tentare da un’iniziativa che parla di Begrenzung, di “limitazione”. Sì, perché la paura, senz’altro esagerata, è che senza una limitazione questo trend continui senza freni per i prossimi anni.

Permettetemi di cogliere questi pochi minuti per mettere l’accento su un tema che forse – di fronte alla pericolosa iniziativa di cui stiamo parlando – sembra passare in secondo piano. Per quanto mi riguarda non ho dubbi sulla posizione da adottare sull’iniziativa in discussione: quest’ultima mette in gioco conquiste importanti – mi riferisco agli accordi bilaterali – che negli ultimi decenni hanno conferito alla nostra nazione benefici riconosciuti e quantificabili in termini di benessere e posti di lavoro.

Accettare la proposta dell’UDC significherebbe mandare all’aria tutto e gettare via il bambino insieme all’acqua sporca. Ma su questo torno dopo.

Sarebbe però sbagliato ignorare completamente l’acqua sporca, e mi riferisco a quei problemi collaterali che soprattutto la libera circolazione delle persone causa. In molti documenti, studi e approfondimenti si evidenzia che, considerando la Svizzera nel suo insieme, i danni collaterali sono comunque inferiori rispetto ai benefici. Inoltre, regolarmente e forse comprensibilmente nell’ambito di una concitata campagna di votazione contro un testo come quello dell’Iniziativa per la limitazione, si tenta anche a mettere l’accento sui benefici piuttosto che sugli svantaggi.

Considerato e premesso che l’iniziativa oggetto di questo dibattito crea solo perdenti, è comunque da considerare che l’attuale politica europea pone alcune regioni e settori di fronte a problematiche che non vanno ignorate: il mercato del lavoro in Ticino, regione dalla quale provengo e in cui sono attivo con la mia azienda, confina direttamente ad un mercato del lavoro con 10 milioni di potenziali lavoratori. Anche considerando che la Lombardia è la più ricca e generosa regione italiana in termini di salario medio, e che il Ticino è la zona che registra i salari medi più bassi in Svizzera, tra le dure realtà resta una differenza importante: mediamente un lombardo guadagna meno della metà di un ticinese. Questo crea uno squilibrio, un divario, uno scompenso che nessun’altra frontiera svizzera conosce.

La pressione sul mercato del lavoro a Sud delle Alpi è forte, ciò che porta con sé opportunità per le imprese ma, più che in altre regioni, crea anche perdenti.

Si legge recentemente in una pubblicazione di economiesuisse che i bilaterali aumentano mediamente il reddito di ogni svizzero di 4’400 franchi all’anno, un risultato sicuramente possibile e condivisibile, che deve motivarci a contrastare iniziative come quella sulla limitazione. Ma attenzione perché il popolo è composto da cittadini che vivono in un territorio e in un contesto fortemente differenziato, in Svizzera più che altrove. E di queste differenze dobbiamo tenere conto. Ne deve tenere conto la Confederazione nel trattare la politica europea, nella definizione della politica infrastrutturale o nel mettere a disposizione gli strumenti e le misure di accompagnamento più incisive e meno burocratiche possibile. Ne devono tenere conto anche i cantoni, nell’ambito del controllo delle misure stesse, nella loro politica di formazione, nella sicurezza, nel dialogo con il territorio. E non da ultimo ne deve tenere conto il partenariato sociale.

Care e colleghi, complessivamente tutti approfittano degli accordi bilaterali e della libera circolazione delle persone. Questo ha portato al fatto che finora in quasi tutte le votazioni in cui il popolo è stato chiamato a confermare l’attuale politica europea, lo ha fatto con maggioranze confortevoli. Ma sul lungo termine sarebbe sbagliato sottovalutare il problema: le scelte degli Svizzeri non si basano sulle medie e tanto meno sulle statistiche.

La storia del nostro Paese fornisce molti esempi che ci indicano che se una minoranza – peraltro crescente – non riesce a tenere il passo, arrischiamo di bloccare anche le maggioranze, pur se vincenti. Giungere a quel punto significherebbe tornare alla casella zero nella politica europea, con tutte le conseguenze del caso.

Dunque, invito a votare No a questa iniziativa e a non buttare il prezioso bambino con l’acqua sporca. Ma attenzione: pur prezioso che sia, se il bambino trascorre troppo tempo nell’acqua sporca, prima o poi si ammalerà. E questo va evitato assolutamente.

Grazie per l’attenzione.

Per un congedo paternità di 10 giorni

10 Settembre 2019/0 Commenti/in Discorsi /da admin

Intervento davanti al Consiglio nazionale, 11 settembre 2019

 

Signor Consigliere federale

Care colleghe e cari colleghi,

 

Chi vi parla sino ad un paio d’anni fa era un convinto oppositore del congedo paternità. Condividevo la posizione odierna del Consiglio federale e ritenevo che occorresse privilegiare lo sviluppo di soluzioni individuali a livello di contratti collettivi o aziendali all’interno di un dialogo tra le parti: datori di lavoro e dipendenti.

Vi anticipo le conclusioni affermando che sosterrò il Controprogetto indiretto all’iniziativa popolare “Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia”, che invece respingerò poiché a mio avviso va troppo lontano, anche se ha sicuramente avuto il merito di provocare un ampio dibattito su questo tema.

Come detto qualche anno fa avrei respinto entrambe.

Errare è umano. Non solo è lecito, ma è pure utile. Ci fa scoprire nuovi punti di vista, nuovi elementi della realtà che non avevamo considerato prima. Questo è il motivo per cui abbiamo il dovere, e non solo il diritto, di cambiare idea. 

Io l’ho fatto partendo dal mio osservatorio di imprenditore, dopo essermi anche confrontato con alcuni collaboratori e collaboratrici della mia azienda. Fino a un recente passato gli strumenti di conciliabilità fra vita familiare e lavorativa erano poco diffusi, almeno in Ticino. Nelle aziende, fatte salve alcune grandi organizzazioni sensibili al tema del welfare aziendale, il congedo paternità era uno strumento piuttosto raro. Veniva perlopiù accordato uno o due giorni per la nascita del figlio o al massimo cinque giorni come nel caso della metal-meccanica settore nella quale opera la mia azienda.

Oggi osservo come i piani di welfare aziendale stanno registrando una crescita dell’attenzione nei confronti dei neo-papà, che però il quadro giuridico attuale non incentiva. Gli ostacoli che le normative in vigore a volte oppongono alle iniziative di welfare aziendale sono fra l’altro state oggetto di un mio postulato presentato il giugno scorso, purtroppo preavvisato negativamente dal Consiglio federale.

Eppure si tratta di agevolazioni che non solo accolgono delle aspettative da parte delle proprie collaboratrici e collaboratori, ma che si traducono anche in benefici per l’azienda: un migliore equilibrio e benessere tra vita e lavoro, ha ricadute positive in termini di produttività individuale e collettiva, e incrementa l’attrattività dell’azienda nella ricerca di profili specializzati.

Finora ho sostenuto le misure messe sinora in atto dal Consiglio federale e da questo Parlamento nella promozione della creazione di nuovi posti di custodia di bambini. Tuttavia, questi incentivi non possono rimanere gli unici messi in campo dalla Confederazione negli ultimi 15 anni.

Significherebbe che anche il Consiglio federale – quando parla di conciliazione tra famiglia-lavoro – pensa quasi automaticamente e unicamente alla madre. Oggi sappiamo che il rapporto tra genitorialità e impiego non è solo e unicamente, perdonatemi l’espressione, “un discorso tra e per donne”.

In questo senso l’economia privata sta mutando velocemente. Sono sempre più numerose le organizzazioni sia sul piano privato-aziendale sia a livello pubblico che riconoscono dei benefit ai neo-padri all’interno di programmi di welfare aziendale.

L’introduzione di un congedo paternità generalizzato di 10 giorni, oltre a rispondere a una tendenza già in atto, estende questa misura a tutti i collaboratori sul territorio svizzero. Contribuisce anche a riconoscere che la maternità, per la quale viene già concesso da diversi anni un congedo, e la paternità di cui discutiamo oggi, generano abilità trasversali utili non solo per la sfera privata ma anche per quella lavorativa.

Conferire alla popolazione maschile un quadro legale entro il quale viene riconosciuto il suo ruolo della paternità nella cura della famiglia, significa in definitiva attribuirne non solo un valore economico ma anche un valore di società che caratterizza il ruolo dei padri oggi.

Per questi motivi, come già preannunciato all’inizio del mio intervento, sosterrò unicamente il Controprogetto indiretto all’iniziativa popolare per un congedo di paternità che ritengo un primo passo ragionevole in vista della futura discussione sul congedo parentale, soluzione che meglio risponde alle aspettative odierne.

La politica, il calcio, la caccia, l’industria…

7 Settembre 2019/0 Commenti/in Interviste /da admin

Fabio Regazzi è nato a Locarno il 22 giugno 1962. Dopo il liceo linguistico al collegio Papio di Ascona, nel 1998 si è laureato in diritto all’Università di Zurigo. Avvocato e notaio, tra il 1992 e il 1999 è stato titolare di uno studio legale e nel 2000 ha lasciato la professione per riprendere la conduzione dell’azienda di famiglia, di cui oggi presiede il consiglio di amministrazione. Nel 1984 è entrato in consiglio comunale a Gordola e nel ’95 è stato eletto in Gran Consiglio. Nel 2011 è stato eletto al Consiglio nazionale, dove è membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni. Dal 2015 presiede l’Associazione delle Industrie Ticinesi (AITI), dal 2017 è membro del comitato direttivo dell’Unione Svizzera degli Imprenditori (USI). Dal 2011 è presidente della Federazione cacciatori ticinesi. Ha giocato nella squadra di calcio del Gran Consiglio e del Consiglio Nazionale e da quest’anno presiede l’associazione Team Ticino che promuove il calcio giovanile d’élite. Fabio Regazzi, uno dei temi dominanti di questa campagna per le elezioni federali di ottobre è la congiunzione delle liste tra il PLR e il suo partito, il PPD. Ma nel polo urbano della sua regione, parliamo di Locarno, le prove di “congiunzione” sono in atto ormai da anni, sotto forma di collaborazione e di unità di intenti tra i due partiti di maggioranza, PLR e PPD, appunto…

“Mi rallegro che in alcuni comuni, come per esempio a Locarno, la collaborazione tra i due partiti di centro funzioni bene. Penso sia un esempio da seguire, perché mi pare che a Locarno i cittadini siano soddisfatti di come il Municipio amministra la città. Segno che quando c’è un buon accordo tra gli attori politici i risultati sono generalmente migliori”.

Fino a che punto può spingersi l’alleanza tattica siglata in vista delle federali?

“Secondo me non bisogna sopravvalutare questa congiunzione. Stiamo parlando di rafforzare la collaborazione, di creare un polo di centro più forte, ma da qui a pensare che questo sia il primo passo verso l’unione di due partiti che sono comunque diversi e devono restare diversi, ognuno con le proprie peculiarità, ce ne corre. Per cui, sono contento di questa decisione ma le attribuisco la giusta portata e non immagino, come qualcuno ha fatto, scenari che per il momento non sono per nulla realistici”.

Parliamo di calcio. Lei è stato per anni uno degli uomini di punta della ‘Nazionale del Gran Consiglio’. Un attaccante ‘di sfondamento’, alla Boninsegna, per citare un grande centravanti del passato… Oggi le scarpette le ha appese al chiodo?

“Sì, con grande dolore e rammarico ho deciso di appendere definitivamente le scarpette al chiodo. Il colpo di grazia è arrivato con l’incidente sciistico che ho avuto quest’inverno e che mi ha provocato una lesione al ginocchio destro. Ho provato a giocare il torneo dei parlamenti nazionali a Mendrisio nel mese di maggio. Ma, pur segnando un’ultima rete contro la Germania, che considero un po’ il mio canto del cigno dal profilo calcistico, ho capito che le mie ginocchia mi impongono di smettere con questo magnifico sport. Lo faccio a malincuore, ma bisogna essere realisti. Per cui considero finita la mia modesta carriera calcistica”.

Il fucile invece immagino che non intenda deporlo, visto che lei è anche presidente della Federazione ticinese cacciatori… “Ah no, spero che la mia passione per la caccia durerà ancora molti anni, anche se le ginocchia giocano comunque un ruolo importante”. Dipende anche da dove si va a caccia…

“Questo è chiaro, ma a me piace la caccia alpina, soprattutto quella al camoscio, che richiede uno sforzo fisico importante. Per il momento mi sento ancora in piena forma, anche se faccio un po’ più fatica rispetto a qualche anno fa, ma questo è inevitabile data l’anagrafe”.

Veniamo a uno dei progetti viari più attesi e contrversi del Locarnese: dal suo ufficio, qui nella sede della sua azienda a Gordola, si vede quella che un tempo si chiamava ‘T21’ e ora si chiama ‘A13’. È cambiato il nome, ma il collegamento con l’autostrada A2 è ancora di là da venire…

“Già… Per me si tratta di una delle opere fondamentale sul piano viario, non solo per il Locarnese ma per tutto il Cantone, e se verrò rieletto in Consiglio Nazionale sarà una delle mie priorità per la prossima legislatura, anche perché sono membro della Commissione dei trasporti che si occupa dei progetti delle infrastrutture stradali. Un progetto di cui purtroppo parliamo dagli anni Novanta e oggi, alla soglia del 2020, non c’è ancora una soluzione chiara e condivisa. Negli ultimi anni qualcosa di concreto si è fatto: abbiamo il progetto elaborato dal Cantone, che dal 1° gennaio prossimo passerà nelle mani dell’Ufficio federale delle strade. I presupposti per la sua realizzazione non sembrano essere i migliori per cui si tratterà di ricucire lo strappo che apparentemente c’è stato tra Cantone e USTRA, e bisognerà a tornare a occuparsi di questo progetto affinché sia sottoposto nel più breve tempo possibile a una decisione politica”.

Quanto tempo ci vorrà secondo lei?

“Realisticamente credo che per i prossimi 10/15 anni non potremo vederlo realizzato, perché i tempi della politica sono purtroppo inesorabilmente lunghi. Già solo per la realizzazione del progetto bisognerà considerare 7 o 8 anni, ma prima ci saranno l’iter di progettazione e soprattutto quello di decisione politica. A Berna bisognerà combattere, perché i collegamento A2-A13 è un progetto molto costoso, circa un miliardo e mezzo di franchi, e ci sono molti cantoni che si stanno battendo per far avanzare le loro opere stradali. Bisognerà quindi sgomitare nelle giuste sedi a Berna – e una di queste sarà la Commissione dei trasporti – per far valere le ragioni della nostra Regione e del nostro Cantone”. Lei è anche imprenditore e pure presidente dell’Associazione industrie ticinesi… C’è chi le rimprovera di essere troppo vicino all’Europa quando si tratta di difendere le ragioni dell’economia, ma anti-europeista quando si tratta di difendere, per esempio, i diritti dei cacciatori, com’è accaduto sulla legislazione sulle armi sulla quale abbiamo recentemente votato… “Respingo assolutamente questa accusa: a scanso di equivoci, ribadisco che non sono europeista. Sono però un imprenditore che ritiene importante poter avere dei buoni rapporti con l’UE, che rappresenta un partner fondamentale per la nostra economia, per il nostro benessere e per i nostri posti di lavoro”.

Ma alcuni ritengono che alla fine gli accordi con l’Uione Europea sfoceranno, un giorno o l’altro, nell’adesione da parte della Svizzera…

“Personalmente non sosterrò mai, e sottolineo mai, un’adesione all’Europa, perché il nostro Paese deve rimanere autonomo e indipendente, e questo per me è fondamentale. Ma al tempo stesso sono un fautore di una buona collaborazione con l’UE, nel limite del possibile. È chiaro però che ci sono dei limiti. Non possiamo concedere tutto: dobbiamo essere in grado di difendere i nostri diritti e le nostre prerogative, cosa che ho fatto per esempio sul tema delle armi, in quanto ritenevo inaccettabile la proposta di modifica legislativa poi approvata a livello federale. In altri ambiti occorre invece cercare soluzioni condivise, ponderando bene gli interessi in gioco. Sono quindi favorevole alla via bilaterale, che è una soluzione intelligente e pragmatica, anche se va affinata e adattata ai cambiamenti dei tempi. Una soluzione che ha garantito, pur con qualche inevitabile problema, uno sviluppo positivo della nostra economia e quindi del nostro benessere”.

In: X Locarno, quadrimestrale di attualità Locarnese, 02/2019

Ambiente ed economia: un circolo virtuoso

1 Settembre 2019/0 Commenti/in Articoli /da admin

Il primo condizionatore d’aria che ho visto lo installarono i miei genitori nella nostra casa di famiglia a Gordola. Erano i primi anni Settanta. Lo ricordo un oggetto ingombrante, rumoroso e riservato a pochi. Da neolaureato, negli anni ’90, per la prima volta negli USA per un viaggio di studio, mi colpì subito la diffusione dei condizionatori. Lì praticamente tutte le case della classe media e gli uffici ne erano dotati. Trent’anni dopo, con il riscaldamento climatico e le estati divenute torride, siamo passati dal condizionatore al climatizzatore diffusi pressoché ovunque. Bastano piccoli aneddoti come questi per capire come il nostro modello di consumo è cambiato. Molte conseguenze concrete non sono per domani, ma bisogna affrontarle oggi.

Azioni efficaci richiedono un duplice cambio di prospettiva: anzitutto non vanno considerate come un argomento di nicchia, ma riorientare alla sostenibilità tutti gli ambiti di vita, dalla nostra vita privata, sino alla politica. Occorre un’alleanza tra settore pubblico e privato: il primo dispone delle necessarie risorse, il secondo ha la visione per proporre delle iniziative. Per chi investe le aspettative sul futuro sono fondamentali. Nel concreto occorrono leggi, incentivi, garanzie pubbliche che mitighino il rischio. In tal modo anche l’economia privata investe e si attiva un circolo virtuoso trasversale. Ecco perché gli impegni presi anche dalla Svizzera con l’Accordo di Parigi sul clima del 2015 sono importanti. La Svizzera ha già da tempo iniziato questo percorso inserendo in ogni riforma legislativa e finanziaria delle valutazioni di sostenibilità.  Tra il 1990 e il 2017 le emissioni di gas serra in Svizzera sono così diminuite del 12 per cento. L’obiettivo di ridurle del 20 per cento entro il 2020 potrebbe non essere raggiunto. Inoltre, la Svizzera non genera emissioni solo all’interno del suo territorio, ma anche e soprattutto all’estero, con l’importazione di merci. A livello politico è quindi in corso nel nostro Paese, ma non solo, il grande dibattito sulle emissioni di CO2 dove si scontrano visioni contrapposte, apparentemente inconciliabili. Sono convinto che la Svizzera debba dare il buon esempio, adottando soluzioni incisive dal profilo ambientale ma che siano nel contempo sopportabili per i cittadini e l’economia, nella consapevolezza che da soli non potremo comunque salvare il pianeta.

Pubblicato in TicinoManagement, agosto-settembre 2019

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