Rimborso dei premi malattia. Un furto legalizzato?

Un “furto legalizzato” e un “gravissimo atto di ingiustizia non solo ai danni dei cantoni e della loro popolazione, ma anche nei confronti di alcuni capisaldi su cui si fonda la coesione nazionale: lo spirito di solidarietà confederale, la giustizia, l’equità, il reciproco rispetto tra Cantoni e la loro popolazione”. Questo il tenore della Lettera aperta inviata dal Gran Consiglio del Cantone Ticino ai membri della Commissione della sanità degli Stati dopo la decisione del 22 gennaio scorso di bocciare il progetto del Consiglio federale per il rimborso dei premi pagati in eccesso da nove cantoni, tra cui il Ticino.

Bene ha fatto il nostro Gran Consiglio mostrando fermezza, determinazione e grande dignità istituzionale nel condannare una decisione gravemente lesiva per tutti i cittadini ticinesi.

Il pomo della discordia riguarda le cosiddette “riserve”, che ammontano a 1,7 miliardi di franchi, costituite da quanto gli assicurati dei nove cantoni hanno pagato in più tra il 1996 e il 2011 per i loro premi di cassa malati, soldi che sono serviti a tenere artificiosamente bassi i premi in altri cantoni. Un problema che l’allora ministro della sanità Pascal Couchepin aveva negato per anni, prima di fare marcia indietro ed ammettere pubblicamente il maltolto: era il 2005, nove anni dopo l’entrata in vigore della LAMal. Occorrerà attendere altri 7 anni, il mese di febbraio 2012, per infine veder licenziato il messaggio del Consiglio federale che conteneva la proposta di ristorno parziale dei premi. Sono così trascorsi 16 anni (!), durante i quali il Ticino ha regolarmente versato più del dovuto: ben 140 milioni (somma calcolata dall’Ufficio federale della sanità con una nuova metodologia), che però il Dipartimento della sanità diretto da Paolo Beltraminelli contesta, sostenendo che i milioni pagati in eccesso ammonterebbero a 235 milioni (secondo il metodo di calcolo “tradizionale”).

Al di là della guerra delle cifre, e delle due proposte sul tavolo (messaggio del Consiglio federale e compromesso della Conferenza dei direttori cantonali della sanità), dieci giorni fa la Commissione competente per 10 voti contro 3 ha deciso di non entrare in materia. La levata di scudi da parte dei cantoni è stata proporzionale all’importo in gioco: Ginevra, cantone “creditore” ha votato una mozione che chiede il blocco dei flussi perequativi verso Berna; Vaud ha incaricato il suo Governo di trovare adeguate misure di ritorsioni, mentre Zurigo sta meditano misure analoghe a quelle di Ginevra.

Non mi pare di ricordare, almeno nella storia recente della Confederazione, reazioni tanto virulente da parte dei Cantoni, ma nemmeno decisioni così discriminatorie e penalizzanti da parte di una commissione parlamentare.

Qualcosa si è nel frattempo mosso, poiché la Presidente della Commissione della sanità qualche giorno fa ha annunciato che avrebbe fatto ritirare la trattanda dall’ordine del giorno della sessione primaverile per ridiscuterla al loro interno. Speriamo mantenga la promessa in occasione della prossima seduta commissionale prevista per lunedì 11 febbraio. L’iter parlamentare della sanatoria sui premi versati in eccesso è dunque solo agli inizi e i Cantoni sotto la cupola di Palazzo federale si stanno già organizzando. La storia delle nostre istituzioni dimostra che con le minacce si ottiene poco, ma con le proposte argomentate e consensuali si è di regola vincenti. Occorre dunque che i Cantoni facciano fronte comune attorno a una soluzione che rispetti il sacrosanto principio che a fronte di un danno subìto occorre porre rimedio. Non riconoscere questo atto di giustizia, significherebbe incrinare per lungo tempo la credibilità nelle nostre istituzioni e spianare la strada a soluzioni apparentemente più allettanti la cui efficacia non è per nulla dimostrata.

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