Strategia energetica 2050: iniziata la svolta, ma restano molte incognite!
Dopo un dibattito fiume, il Consiglio nazionale ha infine decretato la svolta energetica voluta dal Consiglio federale, sotto la spinta di Doris Leuthard, che prevede da un lato un abbandono graduale del nucleare e dall’altro importanti investimenti nelle energie rinnovabili. Nel contempo è stata pure respinta in modo abbastanza chiaro l’iniziativa popolare lanciata dagli ambienti rosso-verdi per l’abbandono del nucleare, sulla quale saremo molto probabilmente chiamati ad esprimerci nel 2016. Tutto è partito dal famoso incidente nucleare di Fukushima, avvenuto l’11 marzo 2011, che aveva indotto la maggioranza del Consiglio federale a sancire l’uscita dal nucleare. Una decisione adottata sull’onda dell’emotività di questo tragico evento, che a molti è sembrata piuttosto affrettata, e che ha creato i presupposti per l’elaborazione del messaggio sulla cosiddetta strategia energetica 2050. Un progetto sicuramente ambizioso, attorno al quale si è inevitabilmente sviluppato un confronto molto vivace, a volte anche aspro, durante la sessione che sta per concludersi. Ma ecco quelli che sono i punti salienti di quanto deciso in questi giorni, alcuni dei quali toccano da vicino anche il nostro Cantone, che ovviamente ha seguito con interesse il dibattito al Nazionale. E’ stato innanzitutto stabilito il divieto di costruire nuove centrali nucleari in Svizzera, e questo è indubbiamente uno degli elementi centrali della strategia voluta dal Governo. Per quanto riguarda le centrali esistenti, è stata adottato un approccio differenziato: se per Mühleberg la chiusura per il 2019 è già stata decisa, per le altre due centrali più vecchie (Beznau I e II) è stata concessa una durata di vita massima di 60 anni, mentre che per Gösgen e Leibstadt non sono stati previsti limiti di durata, fermo restando che potranno rinnovare ogni 10 anni la concessione previa presentazione di un piano di sicurezza a lungo termine. Se passiamo invece all’altro pilastro della strategia energetica 2050, il Nazionale ha adottato l’aumento da 1,5 a 2,3 cts/kWh a carico dei consumatori per sostenere la produzione del nuovo rinnovabile, ciò che consentirà di passare da 850 mio. a 1,3 mia. di franchi all’anno da destinare alla produzione indigena di energia elettrica.
La nuova strategia punta molto anche sul risparmio energetico degli immobili e per questo è stato previsto un aumento dei mezzi finanziari da mettere a disposizione, che dovrebbero passare da 300 a 450 mio. di franchi all’anno da parte della sola Confederazione. Infine la tassa sul CO2 a carico dei combustibili è stata confermata a 60 franchi/t. con la possibilità di raddoppiarla se gli obiettivi di riduzione delle emissioni non saranno raggiunti.
Come valutare le decisioni adottate dal Consiglio nazionale? Siamo di fronte al classico compromesso svizzero, che presenta sicuramente alcuni aspetti interessanti e coraggiosi, ma nel contempo lascia aperte delle incognite che la cui portata è al momento difficilmente valutabile. Rispetto all’ipotesi di un’uscita drastica dal nucleare, la Camera bassa ha optato per una strategia modulata, per evitare quello che a tutti gli effetti sarebbe stato un vero e proprio salto nel buio. Rimangono ovviamente ancora alcuni importanti nodi da sciogliere, soprattutto per quanto attiene la dismissione delle centrali nucleari e lo smaltimento delle scorie, come ha ricordato il Presidente di AET Giovanni Leonardi. E’ bene anche essere coscienti che la nuova strategia non sarà a costo zero per i consumatori, che saranno chiamati alla cassa per contribuire a finanziare i nuovi indirizzi di politica energetica: prepariamoci quindi a bollette più onerose, sia per le economie domestiche che per le industrie. Ora la palla passa al Consiglio degli Stati che potrà ancora correggere il tiro e colmare le lacune del progetto uscito dal Nazionale. In ogni caso possiamo senz’altro affermare che con questa decisione la Svizzera ha imboccato con determinazione l’auspicata svolta energetica che la porterà a rinunciare gradatamente al nucleare per puntare maggiormente sulle energie rinnovabili, senza dimenticare il risparmio. Per il Ticino, terzo Cantone svizzero per produzione di energia idroelettrica dopo Vallese e Grigioni, questo nuovo paradigma energetico non costituisce un grande cambiamento. Grazie alla sua già importante quota idroelettrica pari al 40% della produzione ticinese, dopo il riscatto degli impianti delle cosiddette Partnerwerke sarà in grado di coprire più del 100% del fabbisogno cantonale con l’energia pulita delle nostre acque. Caso mai la vera sfida per noi si pone sul piano politico e finanziario, nella misura in cui occorrerà essere pronti per queste scadenze (nel 2034 per gli impianti in Valle Maggia e nel 2042 per gli impianti in Valle di Blenio) programmando gli investimenti necessari.
Inutile aggiungere che la sfida è difficile e che la strada è tutta in salita, sia sul piano cantonale che federale.
Pubblicato da Giornale del Popolo, 10 dicembre 2014
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