Saluto in occasione della cerimonia di conferimento del premio Oertli a tre ricercatori ticinesi
Signor Presidente della Fondazione Oertli, Karl Vögeli
Signor Presidente del Gran Consiglio ticinese, Gianrico Corti
Signori ricercatori, Sandro Bianconi, Bruno Moretti, e Renato Martinoni
Signori membri del Consiglio di fondazione Walter e Ambrosina Oertli
Gentili signore e signori,
mi è particolarmente gradito il compito di porgere il saluto mio personale e a nome della Deputazione ticinese, che ho l’onore di presiedere, alla cerimonia di conferimento del premio Oertli a tre eminenti ricercatori ticinesi: lo storico della letteratura Renato Martinoni e i linguisti Sandro Bianconi e Bruno Moretti.
Il fatto poi che questo riconoscimento per l’impegno a favore del plurilinguismo in Svizzera di tre ricercatori ticinesi provenga da una prestigiosa Fondazione che ha radici nella Svizzera tedesca, a Zurigo, conferisce al premio una valenza tutta particolare.
Negli anni, a partire dalla prima edizione svoltasi nel 1976, sono sei gli scrittori, politici, artisti, editori, giornalisti e traduttori ticinesi premiati per il loro impegno a favore della comprensione e della conoscenza fra le regioni linguistiche della Confederazione.
Tuttavia, rispetto ai precedenti premiati, quelli di stasera si inseriscono in un contesto politico e culturale, in cui nella Svizzera italiana ha ripreso l’offensiva per la tutela e la valorizzazione della lingua italiana su tutto il territorio nazionale.
Mai come questa volta, infatti, il fronte a favore della lingua italiana ha esteso i suoi appoggi: basti ad esempio citare il Forum per l’italiano in Svizzera costituito per iniziativa delle autorità cantonali grigionesi e ticinesi, Coscienza svizzera, Dante Alighieri, Pro Ticino… e non da ultimo la Deputazione ticinese.
Un detto recita che la “lingua batte dove il dente duole”, titolo anche di un recente libro (di Andrea Camilleri e Tullio De Mauro) che racconta come la lingua esprima chi siamo veramente. Quindi se l’italiano sta perdendo posizioni in Svizzera, significa anche che la Svizzera sta perdendo parte della sua identità.
Per diversi anni la Deputazione ticinese, oltre ai vari fronti su cui è impegnata, ha fatto dell’aumento del numero dei funzionari italofoni nell’amministrazione federale e nei vari Dipartimenti la sua battaglia. Tuttavia, nella maggior parte dei casi trattati, l’amministrazione bernese ha fatto e fa orecchi da mercante, non da ultimo con la complicità dei cugini romandi.
Questa situazione non è all’origine, ma non è nemmeno del tutto estranea, dall’attuale clima di disaffezione e stanchezza che il Ticino manifesta nei confronti della Berna federale.
Negli anni, complice anche la mutata situazione economica e sociale, nel nostro Cantone si sono consumate tante, forse troppe, incomprensioni, che alla lunga hanno avvelenato i rapporti tra il Ticino e le autorità federali anche per quel che riguarda la politica linguistica e del plurilinguismo nel nostro Paese.
Ma a ben guardare, anche se non sono pochi i cantoni che cedono al richiamo dell’inglese, la nostra insopprimibile condizione di minoranza non ci consente di aggirare la presenza soprattutto del tedesco, e questo soprattutto in un momento di difficoltà sociali ed economiche.
La scuola, a tutti i livelli, incluso quello professionale, deve pertanto proseguire i suoi sforzi per formare i giovani alle lingue nazionali, senza dimenticare la nostra lingua madre, l’italiano, troppe volte bistrattata anche nelle cosiddette reti televisive e radiofoniche di “Stato”.
Gentili signore e signori,
come ticinesi non abbiamo scelta, dobbiamo essere i primi sostenitori dell’apprendimento delle lingue nazionali, pena l’esclusione dagli studi, dalla professione, dalla cultura e anche dalla politica.
Dall’altro canto, può apparire paradossale che nell’era della rete globale, dell’accesso illimitato alle informazioni, le componenti linguistiche e culturali di questo paese vivono in compartimenti stagni più di una volta. Quel che però mi sembra sempre più pericoloso è lo spirito di chiusura che si sta vieppiù manifestando, come pure la perdita di volontà e anche di curiosità nel voler conoscere la cultura dell’altro, che va di pari passo con la tendenza al ripiegamento quasi autarchico e rabbioso sulla nostra condizione di ticinesi.
Partendo dal mio osservatorio, il tema della violenza del linguaggio utilizzato nella politica ticinese negli ultimi tempi dovrebbe invitarci a una riflessione. Un tempo ci si indignava contro le espressioni aggressive e volgari di talune canzoni o film. A guardare bene cosa accade oggi in Ticino, l’attuale uso della lingua italiana non sembra di certo discendere dalla tradizione letteraria trasmessaci da Dante, Manzoni, Pirandello e Montale…
La politica o meglio il politico – per l’importanza che riveste dal punto di vista istituzionale, sociale e mediatico – ha una grossa responsabilità e non c’è ambito migliore in cui vale il detto: “l’esempio vien dall’alto”.
Ritengo che il primo passo verso un maggior riconoscimento della nostra regione linguistica e culturale debbano compierlo dapprima i ticinesi, ritrovando compostezza nel nostro linguaggio nella politica e nella stampa. Perché se l’obiettivo del Ticino è quello di ottenere maggiore considerazione da Berna, che ne è della nostra immagine e della nostra credibilità oltralpe quando il rispetto manca anzitutto tra di noi?
Ringrazio quindi la Fondazione Oertli per questa scelta coraggiosa di conferire a tre uomini di lettere ticinesi il loro prestigioso Premio.
Sono inoltre grato a Sandro Bianconi, Bruno Moretti, e Renato Martinoni per l’impegno letterario e linguistico a favore della nostra lingua e cultura italiana.
Il mio auspicio è che questo premio possa indurre i Ticinesi, prima ancora che i nostri concittadini romandi e tedeschi, a riflettere sul prezioso bagaglio storico e letterario che incarniamo. Siamo detentori di una cultura di cui dobbiamo andari fieri, e sarebbe davvero un peccato proporci con toni, linguaggi e messaggi che la mortificano.
Vi ringrazio per l’attenzione e, congratulandomi con i vincitori delle due sezioni del Premio, invito la Fondazione Oertli a perseverare in questa missione nell’interesse del plurilinguismo, uno dei pilastri del federalismo di cui andiamo fieri.
Fabio Regazzi
Consigliere nazionale
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