Intervento al Congresso PPD
“Progettualità e pragmatismo per affrontare le sfide future del Canton Ticino”
Giubiasco, 31 gennaio 2015
Care amiche e amici popolari-democratici,
Oggi vi parlo non solo da uomo di partito e da Consigliere nazionale. Vi parlo anche e soprattutto da imprenditore, da persona che ama il suo Cantone e ha a cuore il destino del Ticino.
Guardo al Ticino e se vedo segni di profondi cambiamenti, alcuni dei quali positivi, vedo anche indizi di un possibile declino: una perdita di curiosità, ambizione, speranza nel voler cambiare il mondo con coraggio e quel pizzico di sana follia cara a Steve Jobs, che nel 2005 davanti ai neolaureati dell’università di Stanford riassunse con la celebre frase: “Stay hungry, stay foolish” (siate affamati, siate folli)!
Guardo al mio Cantone e vedo l’invecchiamento della sua popolazione, il crescere dell’intolleranza nei confronti degli stranieri, della paura che si declina anche in un atteggiamento ostile verso i frontalieri, divenuti da risorsa a problema da combattere ad ogni occasione.
Vedo, da privato cittadino e da imprenditore, uno Stato sempre più invadente soprattutto nelle regole del mercato e ficcanaso, con una tendenza apparentemente irreversibile ad assumere compiti, invece di delegarli a privati in un contesto di sussidiarietà.
Vedo le pratiche e procedure amministrative gonfiarsi, un apparato statale ammalato di elefantiasi, una burocrazia sempre più asfissiante, un sistema fiscale caratterizzato da una pressione troppo alta per le aziende e per gli alti redditi. Come se produrre ricchezza o possederla fosse diventata una colpa di cui vergognarsi.
Vedo, soprattutto nei social media, la tendenza troppo diffusa al dileggio e all’insulto, al limite della diffamazione e del sopruso, spesso coperti dall’anonimato.
Vedo infine un progressivo degrado nei modi e nei toni di fare politica, da parte di imbonitori, saltimbanchi e “voltamarsina”, occupati più ad apparire che a risolvere i veri problemi.
Care amiche e amici,
sono tutti segni del rischio di declino. Non è questa la via giusta. Dobbiamo decidere che Paese vogliamo essere.
Un Paese che crede di bastare a se stesso? Oppure un Cantone che pensa positivo e guarda al futuro consapevole delle difficoltà, ma anche delle opportunità di cui disponiamo?
Il nostro Cantone non lo difendiamo con le barriere, ma con la fiducia nei propri mezzi, con una maggiore competitività, una disponibilità all’innovazione e la capacità di osare, ma anche con una certa audacia tipica di chi vuole andar oltre schemi e dinamiche prestabilite.
La politica ticinese deve ritrovare un approccio di più ampio respiro, che si basi su criteri oggettivi di analisi e valutazione di tutti quei fattori che favoriscono la mobilità, un’economia solida e innovativa, ma anche il sostegno alle realtà industriali già presenti, a una fiscalità più favorevole alle nostre imprese, a un sistema sanitario attento, sia all’uso appropriato e parsimonioso delle risorse, sia alla qualità della medicina.
Per poter affrontare questi cantieri, la politica e il suo Governo devono dotarsi di visioni, progettualità e pragmatismo.
Solo così potremo far fronte alle numerose sfide che ci attendono.
Ne cito solo alcune:
– L’applicazione del voto del 9 febbraio porterà un nuovo modo di gestire l’immigrazione nel nostro Paese. Su questo tema il Governo ticinese dovrà dar prova di ragionevolezza nel rispetto, da un lato del nuovo articolo costituzionale, dall’altro delle esigenze del mondo economico. Un approccio troppo emozionale e populista non potrà che alimentare faciloneria ed illusioni di scarsa utilità per il bene di questo Cantone. Limitato l’arrivo di manodopera estera, le possibilità non saranno molte: agire sulla manodopera interna, che occorrerà formare meglio in funzione delle esigenze dell’economia, aumentare la presenza delle donne sul mercato del lavoro, ma anche favorire quella degli over 60 che vogliono ancora rimanere attivi. Del resto sempre di più si parla di “terza età” come di risorsa sia per il mondo del lavoro che per la famiglia.
– Il risanamento delle finanze cantonali sarà uno dei temi che occuperà Consiglio di Stato e Gran consiglio nei prossimi anni. La tendenza è preoccupante e la tentazione di mettere le mani dei cittadini mediante tasse e balzelli vari (dai radar, ai parcheggi) è allettante. Non illudiamoci: non basta l’insperato regalo dei milioni della Banca nazionale per risanare le malandate finanze cantonali. Destinare questi 50 milioni nei conti generali dello Stato è come prendere un’aspirina che verrebbe inghiottita dal mare magnum degli attuali compiti e spese. Questo importo andrebbe a mio avviso destinato a un fondo per progetti concreti come la riqualifica dei nostri giovani.
– L’annosa questione dei rapporti con l’Italia dovrebbe indurci ad affrontare i diversi dossiers comuni con il nostro vicino da un punto di vista globale. Anche su questo tema occorre una visione di medio e lungo termine, che dovrebbe iniziare con un maggior coinvolgimento dei rappresentanti del nostro Cantone nei negoziati portati avanti dalla Confederazione con l’Italia, e instaurando rapporti costanti e regolari, come peraltro d’uso con altri vicini europei quali la Germania e la Francia.
– L’abbandono del cambio minimo franco-euro sarà quasi certamente all’origine di una nuova crisi economica: il Ticino, il suo Governo, dovranno cogliere l’occasione per risolvere alcune criticità strutturali della nostra economia, riorientando il tessuto industriale a favore di aziende più rispettose del territorio e di quella responsabilità sociale che è doveroso pretendere da chi fa impresa in Ticino.
– Ma tra le questioni più complesse vi è indubbiamente quella della capacità dell’istituzione scolastica di incidere sulla situazione descritta all’inizio del mio intervento. Quella di fare in modo che questo nostro amato Cantone non si ripieghi su se stesso anche a causa di una gioventù non adeguatamente formata per affrontare le sfide odierne e future.
A ciò si aggiunge una concezione ugualitaria, che non aiuta gli alunni più deboli e nel contempo penalizza quelli dotati, che arranca persino nell’insegnamento umanistico, senza nemmeno cogliere gli obiettivi dei curricoli professionali.
Una tendenza grave, che occorre invertire con una riforma scolastica degna di questo nome.
– Non da ultimo la questione del risanamento del tunnel del Gottardo, sulla quale saremo chiamati ad esprimerci nel 2016. Un tema a me caro proprio perché più di altri incarna questa necessità di coniugare capacità analitica, progettualità, ma anche pragmatismo. Mi sto battendo da anni come un leone per far capire le ragioni a favore della soluzione proposta dalla nostra CF Doris Leuthard e sostenuta praticamente all’unanimità dal Gruppo PPD alle Camere federali. Sono cosciente che in Ticino vi è un fronte contrario piuttosto agguerrito, in cui si riconoscono anche diversi popolari-democratici. Rispetto ovviamente questa posizione! Vi esorto tuttavia ad evitare, come ho potuto spesso constatare nei dibattiti a cui ho preso parte, un orientamento troppo ideologico, privilegiando invece una ponderazione degli interessi in gioco: l’isolamento del Ticino per un periodo di 3 anni, con le inevitabili conseguenze per la nostra economia, in particolare per l’industria e il turismo e non da ultimo anche la sicurezza di chi transita attraverso questo lunghissimo tunnel; ma soprattutto vi invito a tenere presente che ad oggi l’unica alternativa in caso di vittoria del referendum sarebbe la costruzione di imponenti stazioni provvisorie di trasbordo a Biasca e Rhynächt per i veicoli pesanti e ad Airolo e Göschenen per le macchine, che – oltre ad un impatto territoriale e ambientale devastante – non risolveranno in alcun modo i problemi, nemmeno quello del traffico nel Mendrisiotto.
Cari amici e amiche,
di fronte a questi temi noi popolari democratici abbiamo una missione: quella di ridare fiducia ai cittadini nelle nostre istituzioni.
Infatti, io credo nella forza della politica come strumento di regolazione, come capacità di evitare che una società smarrisca il senso di sé e rifluisca in ogni possibile forma di particolarismo.
Confido anche nel ruolo dei partiti come palestra ideologica, di cultura istituzionale e formativa per noi politici ma anche per i semplici cittadini. Come popolare democratico sono molto grato al mio partito per i valori, gli stimoli, le opportunità e l’amicizia che mi ha dato. La mia presenza sulla lista per il CdS vuole anche essere un segno di riconoscenza per la fiducia che mi avete sempre dimostrato.
La politica, e i partiti, devono però sapere mostrare il loro volto migliore.
Credo in un Governo forte e coraggioso, anche nelle scelte dolorose, che sia capace di infondere fiducia, ma anche di dichiarare “non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”, come promise Winston Churchill agli inglesi alla vigilia del conflitto mondiale.
Bisogna che il Consiglio di Stato torni a lavorare in modo collegiale, come si fa nei consigli di amministrazione delle aziende: che la smetta di fomentare fughe di notizie, di portare avanti vere o presunte riforme in ordine sparso, gettandole in pasto ai media prima ancora di averne discusso al proprio interno. E forse sarebbe anche buona cosa stare meno sui social network, sui giornali della domenica, con la presunzione di avere ogni giorno qualcosa di speciale da dire.
Sbagliato è quando per degli interessi di pochi si mira a smantellare sempre e comunque delle riforme per paura o tornaconto elettorale, senza nemmeno darsi la pena di contrapporre una benché minima proposta.
Che la nostra politica ridiventi dunque progettuale, pragmatica, ritrovi la cultura del rispetto, dell’apertura e del dialogo. Si può essere in disaccordo senza essere nemici. Si può vivere una politica in cui si ammetta serenamente la possibilità che l’altra parte abbia anche delle buone ragioni. Una politica in cui ci si confronti duramente su programmi, valori e progetti, ma capace di convivenza e rispetto istituzionale.
Dobbiamo, care amiche e amici popolari-democratici, ritrovare una politica sincera, ancorata agli ideali e ai valori democratici che fanno la storia della Svizzera e del nostro cantone, e non al populismo becero e ottuso sempre più dilagante, anche perché alimentato ad arte da chi lo utilizza in modo spregiudicato per mera ambizione personale.
Una politica che abbia anche l’umiltà di imparare da altre esperienze, come quella aziendale, per cambiare e modulare modi e toni, che da distruttivi devono tornare ad essere costruttivi, dal negativismo sappia ritrovare la voglia di osare, dalla chiusura verso l’estero sappia ridiventare aperta e curiosa nei confronti delle esperienze degli altri, dalla demagogia e dalla continua ed affannosa ricerca del consenso e del compiacimento degli elettori abbia di nuovo il coraggio di spiegare che raramente ci sono soluzioni facili a problemi complessi, e che a volte occorre anche fare dei sacrifici.
Questa è la mia visione per una politica e una strategia chiare e schiette qui e a Berna.
Questi sono anche i motivi per i quali mi sono candidato:
– per convincere i cittadini che occorre ritrovare fiducia nel nostro Cantone, nelle sue istituzioni , nella politica, e soprattutto nel nostro partito;
– per sostenere il PPD, i suoi valori, le sue donne e uomini che meritano la nostra stima e il nostro sostegno;
– per riconfermare l’uscente Paolo Beltraminelli, che in questi quattro anni ha ottimamente diretto un Dipartimento molto complesso, dando prova di dinamismo, determinazione e senso di responsabilità in un collegio governativo non particolarmente coeso…;
– ma soprattutto mettendo a disposizione di questa fantastica squadra la mia esperienza, le mie competenze e la mia passione, per contribuire ad alimentare un sogno, quello – passatemi il gergo calcistico – di una doppietta popolare democratica in Consiglio di Stato. E se sono qui è perché io ci credo. E se ne sono convinto io, mi auguro che lo siate anche voi! Sappiamo tutti che l’obiettivo è ambizioso, ma come scrisse Paulo Coelho, “il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni”.
È con questo entusiasmo e spirito combattivo che continuerò a tener fede agli impegni assunti. Con la stessa passione che mi ha fatto stare ogni giorno in mezzo alla mia azienda, ai miei collaboratori e apprendisti, tra problemi vecchi e progetti nuovi, esperienze uniche e straordinarie che mi accompagneranno sempre in ogni momento, in ogni scelta, in ogni decisione.
E d’altro canto, l’amore per il mio Paese, le mie radici, la passione per il mio lavoro, e non da ultimo per il mio, per il nostro Partito, mi impediscono di fare diversamente.
Fabio Regazzi
Consigliere nazionale
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