Interpellanza – Persecuzioni dei cristiani da parte degli estremisti dell’IS: cosa fa la Svizzera?
Testo:
I cristiani perseguitati chiedono aiuto e di poter restare nelle loro terre, dove risiedono da oltre 2000 anni. Chiedo al Consiglio federale:
– cosa pensa il DFAE di queste persecuzioni?
– intende attivarsi maggiormente per proteggere chi è minacciato dalla cieca violenza dei fondamentalisti dell’IS?
– quali spazi di manovra sussistono per influenzare un intervento da parte della comunità internazionale?
– quanti aiuti svizzeri sono stati distribuiti presso le popolazioni cristiane rispetto agli altri gruppi di popolazione residenti nelle regioni del vicino e Medio Oriente?
– è d’accordo di rafforzare la politica umanitaria elvetica a sostegno delle popolazioni cristiane del vicino e medio Oriente?- Come valuta la pericolosità del fenomeno jihadista in Svizzera?
– È intenzionato a rafforzare le misure legislative e di intelligence per prevenire e contrastare il jihadismo?
– Viste le ramificazioni internazionali, quali collaborazioni sono in atto con gli altri Stati europei?
Motivazione:
Negli anni Ottanta, i cristiani in Iraq erano 1,4 milioni. Oggi, a voler essere ottimisti, ne sono rimasti 400mila. La persecuzione in cui stanno sprofondando è la dimostrazione di un fallimento della politica internazionale.
Dal ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq (2003) chiese e comunità cristiane sono costantemente sotto attacco. La pulizia etnica approfitta del disinteresse della comunità internazionale per attecchire. È ad esempio già accaduto in Turchia con gli armeni, nella Germania nazista con gli ebrei e nei Balcani con i bosniaci musulmani. Questi fallimenti dimostrano che non sappiamo tradurre gli errori in esperienza.
Storicamente il Medio Oriente è stato un luogo di pluralismo religioso, sociale ed etnico: comunità con credenze religiose molto diverse, con origini etniche e sociali diverse, hanno creato un ricco tessuto di esperienze e tradizioni umane. Questo tessuto è ora stato distrutto e la situazione è tanto grave da richiedere una risposta collettiva. Le Nazioni unite rimangono il miglior meccanismo a nostra disposizione per un’azione collettiva in risposta a minacce urgenti a livello internazionale, anche se conosciamo molto bene le difficoltà a compiere delle azioni attraverso questa comunità di nazioni. Oltre ad una presa di coscienza collettiva verso queste persecuzioni, ancorché tardiva, è auspicabile che il nostro Paese rafforzi la sua strategia di aiuto nei confronti di queste popolazioni, seppur nelle difficoltà legate dalla tragicità delle violazioni perpetrate dagli estremisti sunniti dello Stato islamico.
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