Di errori, di sfide passate e future: come ripartire per le Federali 2015

Nell’imminenza dell’importante riunione degli Stati generali del PPD è giunto il momento di raccontare la storia della mia candidatura sulla lista popolare-democratica per il Consiglio di Stato. I risultati di aprile ci hanno molto delusi e qualcuno ha – forse un po’ frettolosamente – concluso che il mio atteggiamento durante la campagna abbia direttamente contribuito a determinare il risultato negativo. Ora, senza nulla anticipare dell’analisi e delle discussioni che ci svolgeranno sabato 6 giugno, desidero chiarire quanto accaduto in questi mesi anche in vista del prossimo appuntamento, fondamentale per il futuro del PPD: le elezioni federali 2015.
Sul finire dell’estate 2014 si era creato attorno al mio nome una mobilitazione come non se ne vedeva da tempo. Diverse persone, in primis il Presidente Giovanni Jelmini ma anche parecchi tenori del Partito, mi hanno avvicinato per invitarmi a candidarmi sulla lista PPD per il Consiglio di Stato, allo scopo di consentire la rielezione dell’uscente Paolo Beltraminelli e consolidare il risultato del Partito. All’inizio ho declinato cortesemente l’invito. Poi, dopo molte insistenze, ho ceduto. Perché? Ero stato contagiato dall’entusiasmo di molti amici attorno al mio nome e avevo percepito che c’era una volontà di rilanciare il Partito. Mi ero quindi convinto che non potevo rifiutare un aiuto e deludere queste aspettative, anche perché il mio impegno politico a 360 gradi riposa su due valori cardini: quello dell’amicizia vera e dell’amore per il Partito. Dopo tanti anni di militanza ho ritenuto che fosse giunto il momento di ripagare gli amici e il Partito del loro incondizionato sostegno nei miei confronti mettendo la mia persona, la mia carriera politica e la mia reputazione professionale a disposizione del PPD. Ho quindi accettato, nella convinzione che la mia candidatura avrebbe consentito al Partito di giocare un ruolo importante nella campagna, scongiurando così il pericolo di assistere da bordo campo alla partita fra PLRT e Lega per la riconquista del secondo seggio.
Era per me tuttavia chiarissimo, e in tali termini mi ero a più riprese espresso davanti alla Presidenza del Partito, dell’Ufficio presidenziale e con il mio entourage, che sarei stato in lista a sostegno dell’uscente Paolo Beltraminelli, senza quindi ambizioni di essere eletto.
Le ragioni sono molteplici, ma mi limito ad evidenziarne tre. Innanzitutto sarebbe per me stato estremamente problematico abbandonare la conduzione della mia azienda di famiglia con 140 collaboratori, oltretutto in un momento non particolarmente facile (è anche una forma di responsabilità sociale). In secondo luogo sono certo che un duello frontale con l’uscente avrebbe creato una spaccatura del partito difficilmente sanabile. E da ultimo ho iniziato anni or sono un’esperienza politica a livello nazionale che mi soddisfa e che vorrei poter continuare a svolgere.
Avevo però sottovalutato il fatto che non essere convinto della mia stessa decisione e di fare campagna con l’obiettivo di sostenere la lista senza mirare all’elezione, cozzavano pesantemente contro la mia natura di attaccante, tramutandomi nell’ombra di me stesso e creando un comprensibile disagio nella nostra base.
“Del senno di poi son colme le fosse”, scriveva Alfredo Pioda. Resta però il fatto che non posso chiudere questa brutto capitolo della mia esperienza politica, senza trarre i giusti insegnamenti e formulare le mie scuse nei confronti di chi si è sentito deluso, o addirittura tradito, dal mio atteggiamento durante la campagna. E’ stato un errore in assoluta buona fede: non era mia intenzione farlo e spero si voglia considerare il coraggio insito in questa ammissione. In fondo gli errori sono consigli: seguirli ci aiuta ad essere migliori.
Come ha ricordato il Consigliere agli Stati Filippo Lombardi “non conta come si cade, ma come ci si rialza”. E ora noi dobbiamo rialzarci perché l’appuntamento elettorale per le elezioni federali è importantissimo e non possiamo correre il rischio di perdere un rappresentante su due al Consiglio Nazionale e/o quello, pure importantissimo, al Consiglio degli Stati. Credo di poter affermare che negli ultimi quattro anni con i colleghi Marco e Filippo abbiamo lavorato sodo e bene, portando avanti progetti e temi a favore del Ticino. Penso in particolare alle questioni legate al mercato del lavoro, al rafforzamento di misure di accompagnamento per favorire i lavoratori indigeni, all’apertura dei negozi, alla mobilità e al suo finanziamento, alla sicurezza dei collegamenti stradali e ferroviari nord-sud, alla promozione e difesa della cultura italiana al nord delle Alpi.
Altri temi sono in cantiere, peraltro sempre con ricadute importanti sul nostro cantone. Mi riferisco alla mia iniziativa che chiede l’introduzione di un’amnistia fiscale federale, all’altra mia proposta di rafforzamento di SBB Cargo, alla stazione AlpTransit a Biasca, tanto per citarne alcuni. Abbiamo quindi dei progetti da chiudere e dei nuovi obiettivi concreti da raggiungere.
In nostro Partito lavora per mantenere al centro del dibattito i bisogni della persona umana e della famiglia, in un contesto economico di costante dialogo tra parti sociali. Il senso di responsabilità verso la nostra idea di Svizzera, passa ora anche dalla nostra capacità di fare politica, che non da ultimo sappia fare fronte comune contro gli attacchi sempre più frequenti al nostro modello di successo economico, che ha generato un benessere diffuso e ha permesso di creare un sistema sociale moderno e solidale e che ci viene invidiato ovunque.
Servono quindi attori politici forti, con esperienza, che sappiano lavorare e farsi ascoltare a Berna. Serve una squadra di Partito determinata, collaudata, capace di proporre, convincere e vincere. Con questo spirito sono quindi pronto a rimettermi in gioco: per il nostro Cantone e per il nostro Partito.

di Fabio Regazzi, consigliere nazionale
[versione del 04.09.2015]

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