Pro servizio pubblico o fine di un servizio?
Il servizio pubblico deve far fronte a numerose sfide difficili e complesse, ma per affrontarle bisogna prendere atto che la visione idealistica secondo cui esso deve essere sottratto alle regole del mercato ne danneggerebbe irrimediabilmente lo sviluppo. Proporre che il servizio pubblico potrebbe crescere vivendo al di fuori dal mondo, può essere considerato una nuova fiaba metropolitana, una delle tante con cui siamo sempre più spesso confrontati, come ad esempio il reddito di base incondizionato pure in votazione. Sarebbe invece un azzardo che minaccerebbe delle prestazioni molto importanti per la coesione regionale e la prosperità economica del nostro paese.
In altre parole metterebbe a repentaglio un modello di servizio pubblico che altri paesi ci invidiano. Lo standard del servizio universale in Svizzera è elevatissimo e questo emerge chiaramente nel confronto internazionale.
Per sua entità̀ il servizio universale della Posta Svizzera è unico al mondo. I treni circolano puntali, con qualche eccezione sull’asse del Gottardo anche se le FFS stanno lavorando e investendo per ovviare a questo problema; la corrispondenza spedita da Gordola affrancata in A viene distribuita l’indomani a Zurigo. La maggiornaza dei nuclei famigliari può contare su un allacciamento internet e di una copertura telefonica pressoché completa.
La Svizzera è il paese più competitivo al mondo grazie alle infrastrutture. Proibire alle aziende del servizio pubblico di creare un utile, come proposto dagli iniziativisti, significa impedire loro d’investire nelle nuove tecnologie e in nuovi prodotti interessanti per i suoi abitanti. Non potranno così adattarsi ai bisogni della loro clientela e al mercato.
Non poteva poi mancare nell’iniziativa una proposta per limitare i salari dei manager, un tema alla moda su cui gli svizzeri si sono già espressi in altre occasioni. È stato più volte dimostrato che le limitazioni nei salari comporta una diminuzione d’attrattiva per l’azienda stessa. Le tre aziende Posta, FFS e Swisscom occupano complessivamente 106’000 persone e formano ogni anno circa 4’300 apprendisti, ai quali assicurano ottime condizioni d’impiego a ogni livello. Limitare i salari dei manager, è dimostrato, abbassa anche i salari ai livelli inferiori: non a caso questa iniziativa è combattuta anche da Travail.Suisse, uno dei maggiori sindacati svizzeri.
Non da ultimo la Confederazione perderebbe un’importante entrata. Nel 2015, i dividendi della Posta hanno portato 200 milioni di franchi alla Confederazione e le partecipazioni agli utili di Swisscom hanno consentito di incassare 580 milioni alle casse federali.
L’iniziativa comporta quindi anche pesanti conseguenze per l’intera economia nazionale svizzera. Non poter garantire un servizio universale di qualità e competitivo sarebbe per la piazza economia elvetica un duro colpo nel quadro della concorrenza internazionale. Bisogna infatti ricordare l’importante ruolo per l’economia svizzera degli investimenti effettuati dalle imprese del servizio pubblico: la Posta ad esempio ogni anno acquista prestazioni per 3,3 miliardi di franchi da oltre 12’000 fornitori, l’85% dei quali opera in Svizzera. Non è da meno Swisscom, che ogni anno acquista prestazioni da fornitori svizzeri per 2,8 miliardi di franchi.
Negli ultimi anni gli Svizzeri hanno potuto beneficiare di un servizio pubblico di alta qualità, che è addirittura riuscito a diminuire i prezzi grazie alla sua capacità di adattamento al mercato. Sarebbe un peccato gettare alle ortiche un modello interessante sia per la qualità delle prestazioni, sia per il servizio offerto in tutte le regioni del Paese.
Per tutti questi motivi vi invito a non lasciarvi ingannare dal titolo fuorviante dell’iniziativa, che – se accolta – avrebbe esattamente l’effetto opposto, ovvero un indebolimento del servizio pubblico. Pertanto votiamo NO!
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