Partenariato pubblico-privato in sanità: come per il CICR è una necessità!
Nel corso dell’ultima assemblea di AITI, abbiamo avuto il grande privilegio di ospitare il presidente del CICR Peter Maurer, una grande personalità, che si sta prodigando in prima linea nelle situazioni di guerra più difficili per portare soccorso alle popolazioni colpite: dalla Siria, all’Afghanistan, senza dimenticare l’Africa.
Nel suo intervento tenuto davanti a una gremita aula magna dell’USI, ha pure affermato che il futuro della cooperazione internazionale umanitaria è nelle mani del partenariato pubblico e privato, ossia dell’unione delle forze tra Stati, enti pubblici e imprenditori privati.
Da alcune brevi ricerche risulta che questa logica di allargamento a tali sinergie, il presidente del CICR la sta portando avanti da qualche tempo presso le più alte sfere mondiali, per cercare di creare reti di collaborazioni estese anche ai privati in grado di influenzare lo scambio di dati ed esperienze in materia di assistenza, di protezione e di rafforzamento dell’aiuto alle popolazioni più vulnerabili nel mondo.
Un approccio che condivido in toto ma che mi ha sorpreso, soprattutto pensando al dibattito in corso in Ticino contro queste forme di alleanza tra sanità pubblica e privata. Azzardando un parallelo non mi risulta che Peter Maurer sia stato nel frattempo tacciato dalla sinistra locale (quella internazionale fortunatamente non esiste più da tempo) di privatizzare o svendere il CICR. Del resto nemmeno dalle grandi ONG attive nel settore si sono levate critiche o preoccupazioni in tal senso. Se la più grande organizzazione umanitaria del pianeta, indiscussa autorità morale, promuove il partenariato pubblico privato come un’opportunità per migliorare il supporto alle persone, non si capisce perché un discorso analogo non possa funzionare nel cantone Ticino, per una riforma del sistema sanitario di impatto infinitesimamente inferiore rispetto alle grandi sfide umanitarie. Come mai, mi sono chiesto, il partenariato è utile e persino giudicato virtuoso laddove la sanità è pressoché inesistente, si muore di fame, di malattie o di guerre, ma nel nostro bel fazzoletto di terra è additata dai suoi detrattori come se fosse il demonio? Vuoi vedere che i nostri grassi fastidi offuscano i reali benefici ricavati dalla collaborazione tra le forze della sanità pubblica con quella privata, che senza troppi contorsionismi ideologici consentirebbe alle strutture e ai medici attivi sul nostro territorio di migliorare qualitativamente il loro operare attorno a progetti comuni?
Che problema c’è mi chiedo, nel voler lo sviluppo del partenariato fra un soggetto pubblico e un partner privato, con a capo l’Ente ospedaliero cantonale, previo accordo del Gran Consiglio, che detta le regole riguardo i contratti di lavoro, la gestione degli staff medici, la formazione…? Fosse realmente una privatizzazione, pensate che la regia dell’operazione rimarrebbe in mano pubblica? Che colpa è mai quella di voler sfruttare il proprio potenziale, peraltro già esistente, visto che nel cantone Ticino il 40% dei letti è in mano a privati?
Che imperizia sarebbe quella di voler conseguire obiettivi sanitari, riunendo i pazienti secondo casistiche più estese, punto di partenza secondo le linee guida internazionali per una presa a carico specialistica?
Come in altri ambiti, ad esempio nella cooperazione umanitaria promossa dal CICR, che fortunatamente rispetto al MPS e accoliti vanta esperienze e orizzonti ben più ampi, le collaborazioni pubblico e privato costituiscono un grosso potenziale per riunire risorse e arricchire il know-how con progetti innovanti, che per il Ticino potrebbero declinarsi nel futuro master in medicina umana.
Vi è anche un ultimo vantaggio non sufficientemente rilevato: queste collaborazioni, appunto perché mirano a migliorare le specializzazioni e consentono alla nostra medicina di restare al passo con l’evoluzione tecnologica e dei processi, eviteranno che i pazienti ticinesi vengano dirottati – a spese del Cantone – verso le cliniche private di altri cantoni, da qualche tempo molto attive nell’autopromozione.
Spiace purtroppo constatare che coloro che combattono la riforma della legge sull’EOC con ragioni perlopiù ideologiche stanno facendo gli interessi proprio di quei gruppi mossi dalle logiche del mero profitto, e che hanno radici oltre Gottardo. Proprio perché a differenza di loro ho a cuore la qualità del sistema sanitario ticinese, pubblico e privato, vi invito a votare il prossimo 5 giugno, Sì alla LEOC e no all’iniziativa popolare “giù le mani dagli ospedali”.
Sì alla legge sull’Ente ospedaliero cantonale
In: Corriere del Ticino, 1 giugno 2016
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