Iniziativa sull’AVS: un “plus” che vale “minus”
Il prossimo 25 settembre il popolo svizzero si pronuncerà sull’iniziativa dei sindacati «AVSplus», che propone un aumento del 10% di tutte le rendite AVS, attuali e future, per favorire – nell’intento degli iniziativisti – le rendite più modeste.
Una proposta sulla carta allettante: chi di voi, magari già in pensione, non vorrebbe vedere crescere la propria rendita vecchiaia del 10%? Sennonché, come per diverse altre iniziative popolari, si omette di precisare come finanziare questa crescita che costerà alla collettività ben 5.5 miliardi in più ogni anno. Questa somma si aggiunge al già annunciato deficit di 7.5 miliardi di franchi e alimenterà una voragine di ben 13 miliardi all’anno. Nemmeno una foresta di piantine dei soldi della favola di Pinocchio basterebbe per pagarli tutti!
Il Consiglio federale ha quindi chiarito questo aspetto. L’aumento delle rendite dovrà avvenire per il tramite dei meccanismi previsti dalla Costituzione, ossia con un aumento del prelievo dei contributi di datori di lavoro e delle persone attive. Ora, sappiamo come in Svizzera il costo del lavoro è già molto elevato se paragonato a livello internazionale. Un nuovo aumento graverebbe ancor più sulla competitività della nostra economia. Inoltre trovo personalmente ingiusto utilizzare le giovani generazioni come dei bancomat per prelevare dei miliardi di franchi dai salari, quando già oggi il futuro dell’AVS non è garantito.
Logica vorrebbe che prima si consolidasse il finanziamento dell’assicurazione vecchiaia, come previsto dal Consiglio federale con il progetto di riforma vecchiaia 2020 al vaglio delle Camere. In seconda battuta si potrebbe eventualmente ragionare – qualora i margini di finanziamento sussistano – ad un eventuale aumento delle rendite dei pensionati.
Altro aspetto sul quale sinistra e sindacati tacciono con evidente imbarazzo è l’iniquità sociale della loro proposta. Da un lato per finanziare questo aumento delle rendite dovranno essere adeguati i prelievi a carico dei datori di lavoro, ma anche quelli sul salario di tutti i salariati, anche con per i redditi più modesti, andando a colpire soprattutto famiglie confrontate con il continuo aumento dei premi malattia. Dall’altro verrà ridistribuito ad innaffiatoio salvo per i 9/10 dei redditi meno abbienti che fanno capo alle prestazioni complementari (PC). Anzi, per una persona su dieci dei beneficiari di PC la situazione sarebbe ancor più sfavorevole: perdendo il diritto alle PC, che a differenza delle rendite AVS sono fiscalmente esenti, le sue imposte aumenterebbero. Inoltre parte di loro potrebbe anche perdere il diritto ad altri sussidi, per i premi casse malati e l’esonero del canone della Billag, ad esempio. Rasentiamo la commedia dell’assurdo se pensiamo che è la sinistra a farsi promotrice di una riforma che favorirà i redditi più alti e penalizzerà quelli più bassi!
Introdotta nel 1948, è innegabile che l’assicurazione vecchiaia e superstiti comincia a manifestare inevitabilmente qualche acciacco. La sua riforma, resa soprattutto necessaria dall’allungamento della speranza di vita della popolazione e da una natalità insufficiente, richiede un articolato ripensamento dei meccanismi che non può prescindere dalla preoccupazione di non caricare troppo le giovani generazioni dall’onere del finanziamento. L’iniziativa AVSplus, oltre a chiamare alla cassa i giovani lavoratori già sotto pressione dal mercato del lavoro e da altri oneri del nostro sistema sociale, non aiuta a risolvere questo problema: anzi, è un “minus” per quelle fasce di popolazione con redditi modesti, e che la sinistra dovrebbe difendere anziché rendere più fragile.
Per questi motivi vi invito a votare No il 25 settembre prossimo.
Giornale del Popolo, 8 settembre 2016
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