Prima i nostri: non illudiamo i ticinesi
In Ticino il popolo si sta oramai abituando a votare iniziative popolari o modifiche legislative che o non hanno sufficiente base legale oppure promettono quello che non sono in grado di mantenere. Purtroppo è il caso anche dell’iniziativa popolare “Prima i nostri!”, in votazione il prossimo 25 settembre, che prevede in particolare d’introdurre il principio della “preferenza indigena” e la “complementarietà professionale” tra lavoratori svizzeri e stranieri, nonché d’introdurre il principio della “reciprocità” nell’applicazione degli accordi internazionali fra la Svizzera e gli altri paesi, Italia in particolare.
Gli iniziativisti hanno sicuramente azzeccato il nome dell’iniziativa, ma il vantaggio della loro proposta si ferma qui. Tutti i cittadini di questo Cantone, imprenditori compresi, si augurano che chi risiede in Ticino possa avere un posto di lavoro confacente e una remunerazione adeguata. Ciò non è sempre il caso evidentemente, ma il cittadino chiamato a fare una scelta il prossimo 25 settembre deve chiedersi seriamente se l’iniziativa “Prima i nostri!” sia la soluzione miracolo come sostenuto dai suoi promotori oppure l’ennesimo specchietto per le allodole.
Vi sono innanzitutto delle pesanti obiezioni giuridiche che ci portano a dire che l’iniziativa in votazione non è applicabile in quanto in evidente contrasto con il diritto federale: in effetti le misure da adottare spetterebbero semmai alla Confederazione e non al Cantone. Compito in primo luogo di chi ha voluto proporre questa iniziativa sarebbe semmai quello di formulare proposte e modifiche legislative a livello nazionale con una sufficiente base giuridica e corrispondenti anche agli impegni internazionali che la Svizzera ha preso con altri paesi e che sono stati sostenuti in votazione dal popolo svizzero in più occasioni. Purtroppo questo lavoro, sicuramente oneroso e complesso, non è stato fatto: molto più facile e comodo lanciare un’iniziativa dal titolo accattivante e di facile presa sulla popolazione!
Chi si volesse dare la briga di leggere il testo dell’iniziativa, dovrebbe rendersi conto che le proposte sono solo fumo negli occhi. Si prevede ad esempio che “sul mercato del lavoro venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio per rapporto a chi proviene dall’estero”. Letto così sembrerebbe estremamente facile applicare il principio della preferenza indigena, ma cosa significa concretamente tradurre il principio costituzionale in una legge d’applicazione? Come si traduce in legge il concetto di “pari qualifiche professionali”? E’ evidente che nelle assunzioni non ci si può limitare alla sola presa in considerazione dei diplomi scolastici e professionali della persona ma è necessario tenere conto ad esempio del suo grado di esperienza o delle conoscenze professionali e linguistiche acquisite nel tempo.
Come imprenditore e come presidente dell’AITI posso dire a ragion veduta, e senza timore di essere smentito, che la maggior parte delle nostre imprese nell’assunzione dei collaboratori si rivolge regolarmente agli uffici regionali di collocamento e ha una sensibilità verso l’assunzione di manodopera residente. Sicuramente dobbiamo sensibilizzare ancor di più gli imprenditori ad avere un occhio di riguardo nelle assunzioni per i lavoratori residenti, ma è illusorio pensare che l’iniziativa popolare “Prima i nostri!” sia la soluzione miracolo che farà sparire la disoccupazione in Ticino e il dumping salariale, permettendo a ogni ticinese di vivere sogni tranquilli.
Il controprogetto all’iniziativa elaborato dal Parlamento e sostenuto dal Governo è certamente una soluzione pragmatica che permette di concretizzare l’obiettivo dell’iniziativa di privilegiare nelle assunzioni i residenti in Ticino, che ovviamente anche come AITI condividiamo. Il controprogetto, a differenza dell’iniziativa, è concreto e si integra meglio nelle soluzioni all’applicazione dell’articolo costituzionale sull’immigrazione di massa che saranno discusse e decise a breve termine dal Parlamento federale.
“Prima i nostri!” formula delle promesse allettanti ma irrealizzabili perché richiederebbero modifiche di leggi federali senza alcuna garanzia di legittimità costituzionale e introduce una burocrazia di accertamento molto onerosa, senza raggiungere l’obiettivo di dare la preferenza ai lavoratori residenti nelle assunzioni. Sarebbe ora di finirla di illudere i Ticinesi con proposte che non risolvono alcun problema ma che servono solo a perpetuare il clima di perenne campagna elettorale che viviamo in questo Cantone.
Fabio Regazzi, Consigliere nazionale e Presidente AITI
La Regione, 15 settembre 2016
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