Amnistia fiscale: ultima chiamata!

Nel corso dell’ultima sessione della Camere federali il tema dell’amnistia fiscale è tornato di attualità. Il Consiglio nazionale ha infatti approvato con una consistente maggioranza (105 favorevoli, 79 contrari e 2 astenuti), e contro il parere del Consiglio federale, una mozione della Commissione economia e tributi che sostanzialmente chiede di elaborare un progetto di legge che conferisca ai Cantoni l’autonomia di procedere a una regolarizzazione fiscale unica del passato. Questa mozione, il cui testo è stato elaborato in stretta collaborazione con il Centro competenze tributarie della SUPSI, è in realtà scaturita da due iniziative parlamentari (una del sottoscritto e l’altra del collega Barazzone-PPD/GE), che chiedevano l’introduzione di un’amnistia fiscale federale. Nell’ambito delle discussioni che abbiamo avuto con alcuni colleghi di altri partiti del fronte borghese (la sinistra notoriamente è per principio contraria), ci siamo resi conto che le nostre iniziative avrebbero avuto scarse chances di superare lo scoglio parlamentare, viste anche le resistenze che giungono soprattutto da una parte dei deputati dei Cantoni protestanti. Per evitare il rischio di una più che probabile bocciatura, è allora nata l’idea di sottoporre un testo alla commissione competente con cui, invece dell’amnistia generale proposta dalle citate iniziative (che nel frattempo abbiamo ritirato), si concede tale facoltà ai singoli Cantoni. Lo spunto è venuto dalla sentenza del Tribunale federale del 30 marzo 2015 che, accogliendo due ricorsi contro l’amnistia fiscale adottata in votazione popolare dal Canton Ticino, ha fra le altre cose statuito che mancava la base legale a livello federale per concedere delle amnistie sul piano cantonale. Ed è proprio questa lacuna che la mozione adottata dal Consiglio nazionale intende colmare. In caso di accoglimento della stessa da parte della Camera alta, il Consiglio federale verrà incaricato di presentare un messaggio con le necessarie modifiche legislative affinché ai Cantoni venga conferita la facoltà di adottare un’amnistia fiscale nelle rispettive legislazioni tributarie. Si tratta quindi di una soluzione sicuramente meno incisiva rispetto all’ipotesi di amnistia a livello nazionale contenuta nella mia iniziativa parlamentare, ma che ha l’innegabile vantaggio di essere rispettosa del nostro federalismo. Inoltre, e questo è importante evidenziarlo, essa pone un vincolo importante: l’eventuale regolarizzazione fiscale dovrà avere un carattere eccezionale, e ciò per evitare il ricorso a questo strumento a scadenze regolari, come è avvenuto a più riprese nella vicina penisola. Inevitabilmente il tema dell’amnistia crea una tensione fra l’etica, in base alla quale è sbagliato premiare gli evasori, e la volontà di far riemergere averi che poi potranno essere tassati a beneficio delle casse pubbliche e quindi della collettività. Si tratta di un dilemma legittimo, che ognuno deve risolvere ponderando gli interessi in gioco secondo le proprie convinzioni. Per quanto mi riguarda (ma anche per la maggioranza dei cittadini ticinesi che hanno sostenuto la proposta di amnistia cantonale) il secondo aspetto, tenuto conto anche delle difficoltà per le finanze statali, appare chiaramente prevalente. Non a caso il tema è di stretta attualità in diversi Cantoni; in effetti è bene ricordare che, oltre al Ticino, diversi Cantoni (JU, GE, FR, VS per citarne alcuni) si stanno confrontando sull’ipotesi di adottare un’amnistia fiscale. Merita al riguardo di essere segnalato il Canton Giura, che ha introdotto un’amnistia fiscale fra il 2010 e il 2014: or bene, rispetto ad un obiettivo inizialmente dichiarato di 300 mio. di franchi, alla fine i capitali dichiarati sono stati ben 530 mio., quindi quasi il doppio, con conseguente aumento degli introiti fiscali annui pari a 3 mio. di franchi. Ipotizzando un’analoga amnistia in Canton Ticino, che vanta una popolazione di oltre 5 volte superiore, potremmo avere introiti annui supplementari di almeno 15 mio. di franchi all’anno, anche se è lecito presumere, vista la differente struttura fiscale dei due Cantoni, che in realtà saranno ben maggiori. Una somma che di certo non farebbe male alle asfittiche finanze del nostro Cantone, senza ovviamente dimenticare i Comuni. La speranza a questo punto è che il Consiglio degli Stati adotti la soluzione equilibrata e federalista votata dal Nazionale. Le premesse tuttavia non sembrano purtroppo molto positive: è infatti notizia di questi giorni che la competente commissione degli Stati propone a larga maggioranza (10 voti a 1) di respingere la citata mozione. Una decisione francamente incomprensibile per la Camera che istituzionalmente è chiamata a rappresentare i Cantoni e che dovrebbe quindi essere sennsibile al federalismo. Sarebbe comunque un vero peccato non cogliere questa opportunità.

Fabio Regazzi, consigliere nazionale PPD

 

Corriere del Ticino, 18 ottobre 2016

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