Si urla ormai come nei mercati paesani

Le misure proposte da Norman Gobbi per applicare «Prima i nostri» a livello di contratti di prestazione e mandati pubblici non sono affatto piaciute al presidente dell’Associazione industrie ticinesi (AITI) Fabio Regazzi. Il Corriere del Ticino lo ha intervistato.

La discussione su Prima i nostri è decollata, la Commissione parlamentare oggi terrà la sua seconda seduta, intanto sul tavolo del Governo sono arrivate le prime proposte firmate Norman Gobbi. È soddisfatto di questa partenza da contrario a quell’iniziativa?

“Per niente. Quanto farà questa commissione lo vedremo, mentre le idee di Gobbi sono ormai sul tavolo e di dominio pubblico. Di quella Nota a protocollo non ci piace proprio nulla. Inoltre mi preme ricordare che su quell’iniziativa, avallata sì dal popolo, ma che altro non è che uno slogan, dovrà in principio esserci la garanzia da parte della Confederazione per la modifica costituzionale”.

Ma l’idea di Gobbi si inserisce in un ambito non massicciamente legato al settore industriale che l’AITI rappresenta. Allora dove sta il problema?

“Vero che l’industria non verrebbe investita in prima battuta dato che interessa i contratti di prestazione e le commesse pubbliche. Ma se il Governo dovesse avallare questo modo di agire la diffusione è facile immaginare quali saranno i prossimi passi. Il problema qui è una volta ancora di fondo”.

Significa magari che lei, uscito sconfitto come molti altri da quella votazione, non vuole riconoscere la volontà popolare?

“Questo non l’ho detto e non lo penso. Non mi scaglio contro la volontà del popolo, ma nei confronti dei numerosi venditori di fumo. Ci hanno fatto votare, come sempre più spesso accade (vedi ad es. l’iniziativa sui salari minimi differenziati) uno slogan che di fatto è difficilmente applicabile. Il voto non ha cancellato la contraddizione di fondo tra la realtà e gli obiettivi. Questi signori invece di giocare con la pancia dei cittadini si assumano la responsabilità di far cadere l’acceso che oggi abbiamo al mercato europeo e le conseguenze negative che la nostra economia patirebbe. E’ ora che la smettano di far credere alla gente che possiamo decidere quello che vogliamo e, al contempo, mantenere le intese raggiunte con l’UE”.

È un po’ il ritornello che si ripete dal 9 febbraio 2014. Che senso ha ripeterlo in continuazione?

“Richiamare alla responsabilità chi getta il sasso e nasconde la mano. Forse è bene ricordare che fino ad oggi il popolo ha sempre confermato gli accordi bilaterali, compreso quello sulla libera circolazione. Se non li si vuole più si abbia il coraggio e la coerenza, assumendosene le conseguenze economiche e politiche, di lanciare un’iniziativa per disdirli. Ma fintanto che sono in vigore bisognerebbe finirla di presentare proposte che non sono conciliabili con il diritto superiore e che quindi non possiamo applicare. E a proposito di bilaterali forse è bene ricordare come la Seco lo scorso anno ha incaricato due prestigiosi istituti di ricerca al fine di quantificare l’effetto economico per il nostro paese di un’eventuale caduta degli accordi bilaterali. I risultati di questi studi sono univoci. Senza bilaterali staremmo peggio. Concretamente gli studi mostrano come l’abbandono dei bilaterali avrebbe significative ripercussioni negative per l’economia. L’effetto cumulato fino al 2035 consisterebbe in un’erosione del PIL svizzero di 460-630 miliardi di franchi. In neanche 20 anni, l’abbandono dei bilaterali costerebbe approssimativamente un PIL (o un «reddito annuo») svizzero attuale, con conseguente diminuzione dell’occupazione.”.

Oggi la libertà economica è a rischio?

“Lo è purtroppo. Per convenienza c’è chi dimentica bellamente che la libertà economica, uno dei capisaldi del modello di successo svizzero, è iscritta nella Costituzione federale ed è stata votata dal popolo, ma così si continua a scardinarla. La vera domanda oggi è: chi difende l’economia che crea posti di lavoro, che produce ricchezza e che genera importanti introiti fiscali? Fino a quando a sputare nel piatto in cui mangiano erano comunisti ed esagitati lo capivo, ma se ora ci si mettono anche i partiti di Governo, compresi quelli che si definiscono borghesi, e addirittura l’Esecutivo stesso, dove andremo a finire? Continuiamo pure a mettere paletti e a creare regole ovunque ma avanti di questo passo mi chiedo chi vorrà ancora fare impresa in Ticino?”.

Tornando all’idea di Gobbi, cosa vi sareste attesi dal Governo e dai suoi membri?

“Che dimostrino senso di responsabilità e un minimo di rispetto anche nei confronti dell’economia. Il compito di un Governo è di guidare il Paese non inseguire il consenso ad ogni costo. E invece qui non si capisce più nulla. Sembra che i ruoli istituzionali in Ticino non hanno più alcun valore, ognuno cucina le ricette che più gli gustano all’interno del suo dipartimento, incurante che è parte integrante di un collegio governativo. Inoltre spesso travalica i suoi ruoli e i suoi compiti. Ormai ci facciamo andare bene tutto, ma il fatto è che le invasioni di campo e le uscite nella persistente confusione non fanno altro che generare ulteriore caos. Sono sparate di marketing politico che non contribuiscono a risolvere nessun problema. Siamo oramai arrivati alla logica dei mercati paesani dove chi urla di più pretende di portarsi a casa la vacca”.

Cosa si attende oggi dal Governo?

“Mi è giunta voce che si vorrebbero incamminare lungo la strada delle verifiche e delle perizie giuridiche. Non mi piace l’idea di un Governo azzeccagarbugli. Dall’Esecutivo non mi attendo ulteriore burocrazia e il solito “Alibiübung” ma una chiara presa di posizione di principio. Di fronte a vincoli che violano manifestamente la libertà economica e il diritto superiore, compresi gli accordi internazionali, non si deve nemmeno entrare in materia. Smettiamola con questo gioco perverso dal quale usciremo tutti perdenti. Si vuole strangolare la gallina che fa le uova (non so se d’oro, ma le fa)? Lo si dica in modo chiaro ma ci si assuma anche le responsabilità”.

La discussione su Prima i nostri è decollata, la Commissione parlamentare oggi terrà la sua seconda seduta, intanto sul tavolo del Governo sono arrivate le prime proposte firmate Norman Gobbi. È soddisfatto di questa partenza da contrario a quell’iniziativa?

“Per niente. Quanto farà questa commissione lo vedremo, mentre le idee di Gobbi sono ormai sul tavolo e di dominio pubblico. Di quella Nota a protocollo non ci piace proprio nulla. Inoltre mi preme ricordare che su quell’iniziativa, avallata sì dal popolo, ma che altro non è che uno slogan, dovrà in principio esserci la garanzia da parte della Confederazione per la modifica costituzionale”.

Ma l’idea di Gobbi si inserisce in un ambito non massicciamente legato al settore industriale che l’AITI rappresenta. Allora dove sta il problema?

“Vero che l’industria non verrebbe investita in prima battuta dato che interessa i contratti di prestazione e le commesse pubbliche. Ma se il Governo dovesse avallare questo modo di agire la diffusione è facile immaginare quali saranno i prossimi passi. Il problema qui è una volta ancora di fondo”.

Significa magari che lei, uscito sconfitto come molti altri da quella votazione, non vuole riconoscere la volontà popolare?

“Questo non l’ho detto e non lo penso. Non mi scaglio contro la volontà del popolo, ma nei confronti dei numerosi venditori di fumo. Ci hanno fatto votare, come sempre più spesso accade (vedi ad es. l’iniziativa sui salari minimi differenziati) uno slogan che di fatto è difficilmente applicabile. Il voto non ha cancellato la contraddizione di fondo tra la realtà e gli obiettivi. Questi signori invece di giocare con la pancia dei cittadini si assumano la responsabilità di far cadere l’acceso che oggi abbiamo al mercato europeo e le conseguenze negative che la nostra economia patirebbe. E’ ora che la smettano di far credere alla gente che possiamo decidere quello che vogliamo e, al contempo, mantenere le intese raggiunte con l’UE”.

È un po’ il ritornello che si ripete dal 9 febbraio 2014. Che senso ha ripeterlo in continuazione?

“Richiamare alla responsabilità chi getta il sasso e nasconde la mano. Forse è bene ricordare che fino ad oggi il popolo ha sempre confermato gli accordi bilaterali, compreso quello sulla libera circolazione. Se non li si vuole più si abbia il coraggio e la coerenza, assumendosene le conseguenze economiche e politiche, di lanciare un’iniziativa per disdirli. Ma fintanto che sono in vigore bisognerebbe finirla di presentare proposte che non sono conciliabili con il diritto superiore e che quindi non possiamo applicare.

Oggi la libertà economica è a rischio?

“Lo è purtroppo. Per convenienza c’è chi dimentica bellamente che la libertà economica, uno dei capisaldi del modello di successo svizzero, è iscritta nella Costituzione federale ed è stata votata dal popolo, ma così si continua a scardinarla. La vera domanda oggi è: chi difende l’economia che crea posti di lavoro, che produce ricchezza e che genera importanti introiti fiscali? Fino a quando a sputare nel piatto in cui mangiano erano comunisti ed esagitati lo capivo, ma se ora ci si mettono anche i partiti di Governo, compresi quelli che si definiscono borghesi, e addirittura l’Esecutivo stesso, dove andremo a finire? Continuiamo pure a mettere paletti e a creare regole ovunque ma avanti di questo passo mi chiedo chi vorrà ancora fare impresa in Ticino?”.

Tornando all’idea di Gobbi, cosa vi sareste attesi dal Governo e dai suoi membri?

“Che dimostrino senso di responsabilità e un minimo di rispetto anche nei confronti dell’economia. Il compito di un Governo è di guidare il Paese non inseguire il consenso ad ogni costo. E invece qui non si capisce più nulla. Sembra che i ruoli istituzionali in Ticino non hanno più alcun valore, ognuno cucina le ricette che più gli gustano all’interno del suo dipartimento, incurante che è parte integrante di un collegio governativo. Inoltre spesso travalica i suoi ruoli e i suoi compiti. Ormai ci facciamo andare bene tutto, ma il fatto è che le invasioni di campo e le uscite nella persistente confusione non fanno altro che generare ulteriore caos. Sono sparate di marketing politico che non contribuiscono a risolvere nessun problema. Siamo oramai arrivati alla logica dei mercati paesani dove chi urla di più pretende di portarsi a casa la vacca”.

Cosa si attende oggi dal Governo?

“Mi è giunta voce che si vorrebbero incamminare lungo la strada delle verifiche e delle perizie giuridiche. Non mi piace l’idea di un Governo azzeccagarbugli. Dall’Esecutivo non mi attendo ulteriore burocrazia e il solito “Alibiübung” ma una chiara presa di posizione di principio. Di fronte a vincoli che violano manifestamente la libertà economica e il diritto superiore, compresi gli accordi internazionali, non si deve nemmeno entrare in materia. Smettiamola con questo gioco perverso dal quale usciremo tutti perdenti. Si vuole strangolare la gallina che fa le uova (non so se d’oro, ma le fa)? Lo si dica in modo chiaro ma ci si assuma anche le responsabilità”.

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