Riforma fiscale e sociale: un patto di paese epocale
Il Cantone Ticino ha bisogno di dialogo, non di sterili contrapposizioni ideologiche. Ecco perché per una volta possiamo salutare positivamente questo esercizio di concordanza e pragmatismo che ha permesso di presentare una Riforma cantonale fiscale e sociale, frutto di un lavoro interdipartimentale (DFE e DSS), approvato dal Consiglio di Stato e dalla grande maggioranza del Gran Consiglio lo scorso mese di dicembre. Un buon esempio di democrazia, dove le forze politiche per una volta hanno privilegiato la ricerca del consenso piuttosto che la scontro fine a se stesso. Peccato quindi che il pacchetto di misure fiscali e sociali sarà comunque sottoposto al popolo il prossimo 29 aprile a seguito di un referendum contro le modifiche fiscali promosso dal fronte più intransigente e massimalista della sinistra nostrana, con il sostegno – ça va sans dire – di UNIA.
La Riforma cantonale fiscale e sociale è stata definita a giusta ragione un patto di paese fra cittadini, aziende e Stato. Da un lato quasi tutti riconoscono che il Ticino non è (più) un Cantone fiscalmente competitivo per diverse categorie di contribuenti, sia persone fisiche che giuridiche. Dall’altro lato sempre il Cantone Ticino deve implementare nuove misure sociali per venire maggiormente incontro alle esigenze delle famiglie, in particolare per quanto riguarda la conciliabilità fra lavoro e famiglia.
Il pacchetto fiscale va quindi a beneficio dei contribuenti e in particolare del ceto medio e delle persone con redditi più modesti. Perché dico questo? Molti ignorano che la fiscalità è un fattore di competitività importante. Il Ticino da questo punto di vista è in effetti in concorrenza con gli altri Cantoni svizzeri ma anche con altre nazioni. Purtroppo negli ultimi 10-15 anni il Ticino è scivolato nelle ultime posizioni della classifica. Ma la situazione è ancora più grave se pensiamo al fatto che proprio in nel nostro Cantone un numero esiguo di contribuenti con un reddito lordo di almeno 100’000 franchi – circa 18’000 persone su oltre 350’000 abitanti – paga più del 56 % del gettito fiscale delle persone fisiche, cioè circa 360 milioni di franchi sul totale di 643 milioni (ultimi dati disponibili del 2012).
È interesse di tutti quindi far sì che i buoni contribuenti continuino a risiedere in Ticino e non decidano di andare altrove, perché quando questo succede significa che i contribuenti restanti, dunque soprattutto del ceto medio, devono farsi carico del maggiore onere fiscale.
L’altro piatto della bilancia è costituito dalle misure sociali. Come presidente dell’Associazione industrie ticinesi (AITI) riconosco che l’autonomia delle famiglie e l’investimento sociale a loro favore è una responsabilità che deve assumere non soltanto il settore pubblico ma anche quello privato. Questo in considerazione delle ricadute positive che questa dinamica virtuosa tra riforma fiscale e sociale porterà alla società intera. Infatti gli aiuti a sostegno di una migliore conciliabilità lavoro e famiglia, e soprattutto il fatto di favorire il rientro nel mondo del lavoro tramite strutture extrascolastiche e incentivi che sostengano sia uomini che donne, è importante anche per il mondo economico. Queste misure, è bene sottolinearlo, sono finanziate esclusivamente dalle aziende quale contropartita a quelle fiscali, per tramite di un contributo supplementare dello 0.15% prelevati sulla massa salariale versata dalle aziende affiliate alla Cassa cantonale e a quelle professionali di compensazione per gli assegni famigliari.
Dunque, a scanso di equivoci, le misure sociali sono finanziate interamente dai datori di lavoro: sarebbe quindi sbagliato, oltre che ingeneroso, affermare il contrario: ne prendano nota i promotori del referendum! Si tratta di misure importanti, dell’ordine di 20 milioni di franchi annui a regime nel 2021, che le vituperate aziende metteranno a disposizione per finanziare interventi di natura sociale a favore delle famiglie. E scusate se è poco!
Ecco perché non esito a definire il patto di paese sul quale i cittadini si esprimeranno il prossimo 29 aprile una svolta epocale. Da un lato si riduce in maniera contenuta l’imposizione fiscale sulla sostanza delle persone fisiche e sul capitale delle aziende e si incentivano anche gli investimenti nelle cosiddette start-up per aiutare soprattutto giovani imprenditori a creare posti di lavoro qualificati; dall’altra parte le aziende finanziano il pacchetto di misure sociali. Una cosa deve comunque essere ben chiara: senza accettazione del pacchetto fiscale, come opportunamente ricordato dal Governo e dallo stesso Gran Consiglio, le misure sociali cadranno di conseguenza, poiché verrebbe meno la volontà politica che sorregge la logica alla base dell’intero progetto di riforma.
Alle cittadine e ai cittadini ticinesi chiedo dunque di votare un sì convinto al progetto di riforma fiscale in votazione il prossimo 29 aprile, che – se accolto – permetterà di far entrare in vigore anche il pacchetto di misure sociali finanziato dalle aziende.
Fabio Regazzi
Presidente AITI e Consigliere nazionale PPD
Corriere del Ticino, 21 aprile 2018
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