Via Sicura: ritorno alla ragionevolezza
Nel 2012 il Parlamento aveva approvato l’oramai famoso pacchetto legislativo denominato Via Sicura proposto dal Consiglio federale quale controprogetto indiretto all’iniziativa popolare lanciata dall’associazione Road Cross, nata sull’onda dello sdegno e delle emozioni suscitate da alcuni gravissimi incidenti stradali verificatisi in svizzera tedesca con protagonisti alcuni giovani automobilisti. Via Sicura si prefiggeva dunque di aumentare la sicurezza sulle strade grazie ad un inasprimento delle norme per combattere in primis i cosiddetti “pirati della strada”. L’obiettivo era di per sé lodevole: si voleva dare un segnale chiaro ai conducenti irresponsabili, adottando delle punizioni esemplari in caso di gravi infrazioni al volante. Nel giro di pochi anni è invece emerso che nella prassi la maggior parte di coloro che sono stati condannati come “pirati della strada”, pur avendo commesso infrazioni di una certa gravità, non rientravano affatto in questa categoria. Purtroppo però le severe pene minime previste dalla legge (1 anno di reclusione dal profilo penale e 24 mesi di revoca della licenza di condurre da quello amministrativo), non conferivano praticamente alcun margine di manovra all’autorità giudicante, costringendola ad applicare queste rigide disposizioni senza poter considerare delle attenuanti soggettive e oggettive (dura lex, sed lex). Nella realtà queste normative hanno evidenziato delle palesi incongruenze nel nostro ordinamento penale: basti pensare che, solo per citare un paio di esempi, lo stupro e la rapina a mano armata sono puniti con una pena minima di 1 anno, mentre l’omicidio colposo non prevede nessuna pena minima. Fatto è che nei confronti del pacchetto Via Sicura sono vieppiù emerse delle critiche per delle pene ritenute inique e sproporzionate e questo non solo da parte di numerosi cittadini, ma addirittura anche da parte di diversi procuratori pubblici e professori di diritto penale. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Da parte mia nel 2015 ho quindi inoltrato un’iniziativa parlamentare che chiedeva di rivedere le normative sul reato di pirateria della strada. In sostanza ho proposto di non prevedere nessuna pena detentiva minima per questo reato e di ridurre la sanzione amministrativa ad un minimo di 6 mesi, invece di 24. L’iniziativa venne accettata con una buona maggioranza dal Consiglio nazionale mentre che il Consiglio degli Stati la respinse di stretta misura, accogliendo però nel contempo un postulato che incaricava il Consiglio federale di fare una valutazione del pacchetto Via Sicura dalla sua introduzione e di proporre, se del caso, dei correttivi. Il relativo rapporto è stato pubblicato lo scorso 17 aprile 2017 e il contenuto è risultato decisamente interessante. Se da un lato il Consiglio federale ha riconosciuto che in generale gli effetti di Via Sicura sulla sicurezza stradale sono stati complessivamente positivi, dall’altro ha dovuto ammettere la necessità di adeguare alcune misure ritenute sproporzionate, rispettivamente inefficaci. Una posizione decisamente sorprendente e per certi versi anche coraggiosa vista l’emozionalità con cui generalmente viene trattato questo tema. In conclusione il Governo ha quindi suggerito alcune modifiche della legislazione su Via Sicura, riprendendo in particolare pari pari le due proposte formulate nel mio atto parlamentare. Nel frattempo entrambe le Camere hanno approvato a larga maggioranza una mozione che incarica il Consiglio federale di presentare un messaggio con le relative modifiche di legge, che dovrebbe giungere in Parlamento entro la fine del corrente anno. Personalmente non posso che rallegrarmi per questo cambio di rotta che consente di rimediare ad un errore di valutazione fatto a suo tempo dallo stesso Parlamento. Non si tratta tuttavia, ed è bene precisarlo a scanso di equivoci, di proteggere i pirati della strada nel vero senso della parola (che potranno, e anzi dovranno, essere condannati duramente anche in futuro) e nemmeno di ribaltare il pacchetto Via Sicura, quanto piuttosto di ristabilire la proporzionalità e un minimo di ragionevolezza.
Corriere del Ticino, 28 aprile 2018
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