Lo “Stop agli insediamenti” colpisce soprattutto noi
«Cementificazione incontrollata», «sviluppo scriteriato degli insediamenti» o «scomparsa progressiva di aree verdi»: con questi toni apocalittici i giovani verdi tentano in queste settimane di mobilitare i cittadini svizzeri in vista della votazione sulla loro iniziativa “Contro la dispersione degli insediamenti”. Sono affermazioni molto forti che fanno coppia con un’iniziativa rigida e radicale; ma soprattutto sono affermazioni che non trovano riscontro nelle cifre degli uffici di statistica: a livello svizzero gli insediamenti coprono meno dell’8% del territorio, a livello ticinese addirittura meno del 6%(!).
La proposta di bloccare, per sempre, la superficie delle zone edificabili nel nostro Paese non solo è anacronistica e sottintende un divieto di progresso e sviluppo per la nostra società, ma colpisce tutta la Svizzera e soprattutto, tanto per cambiare, le regioni periferiche come la nostra. Infatti, azzerando le possibilità di sviluppare le zone per gli insediamenti – anche in modo ordinato e coerente come prevede la nuova legge sulla pianificazione del territorio – i prezzi dei terreni (e conseguentemente degli affitti) aumenteranno ulteriormente. Questo va a scapito di tutti – soprattutto del ceto medio elvetico – ma per il Ticino si traduce almeno in un triplice problema supplementare.
Primo, l’aumento dei prezzi dei terreni e degli affitti toccherà soprattutto i settori economici con margini inferiori la media. Tra questi vi è il turismo, già confrontato con la concorrenza estera e un franco forte dal quale non può fuggire. Lo stop alla creazione di nuove zone su cui edificare strutture turistiche ha la logica conseguenza di rafforzare la pressione su quelle esistenti e spingere verso un problematico rialzo dei costi fissi degli operatori. La competitività del settore verrà quindi ulteriormente ridotta.
Secondo, i prezzi maggiorati incidono di più sulle attività economiche che necessitano di maggior spazio. Tra queste spiccano le imprese industriali che concorrono ad oltre il 20% del PIL cantonale e che costituiscono il settore numericamente più importante in Ticino e con un potenziale di innovazione molto alto. Penalizzare l’industria significa penalizzare quasi decine di migliaia di impieghi, la maggior parte dei quali occupati da residenti.
Terzo, le conseguenze del rincaro colpiscono, più di altre, le regioni di confine in concorrenza in molti ambiti – pensiamo ad esempio al commercio al dettaglio o all’artigianato – con l’estero. Il caso più emblematico è proprio il nostro: già oggi il livello di costi e prezzi tra il Ticino e la vicin(ssim)a Italia è importante. I terreni oltre confine costano da 10 a 20 (!) volte meno rispetto ai nostri. Un aumento di questi ultimi a causa dell’iniziativa penalizza ancora una volta chi si sforza quotidianamente a contrastare la concorrenza d’oltre confine.
Non lasciamoci trarre in inganno! Le conseguenze della radicale proposta dei giovani verdi toccheranno tutti i ceti, tutte le attività economiche e tutte le regioni, soprattutto quelle che sono già meno favorite. Anche se il menu di votazioni il prossimo 10 febbraio non appare molto carico, la posta in palio è importante: evitiamo salti nel buio, votando NO all’iniziativa “contro la dispersione degli insediamenti”.
Fabio Regazzi, Consigliere nazionale PPD e Presidente AITI
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