La politica, il calcio, la caccia, l’industria…
Fabio Regazzi è nato a Locarno il 22 giugno 1962. Dopo il liceo linguistico al collegio Papio di Ascona, nel 1998 si è laureato in diritto all’Università di Zurigo. Avvocato e notaio, tra il 1992 e il 1999 è stato titolare di uno studio legale e nel 2000 ha lasciato la professione per riprendere la conduzione dell’azienda di famiglia, di cui oggi presiede il consiglio di amministrazione. Nel 1984 è entrato in consiglio comunale a Gordola e nel ’95 è stato eletto in Gran Consiglio. Nel 2011 è stato eletto al Consiglio nazionale, dove è membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni. Dal 2015 presiede l’Associazione delle Industrie Ticinesi (AITI), dal 2017 è membro del comitato direttivo dell’Unione Svizzera degli Imprenditori (USI). Dal 2011 è presidente della Federazione cacciatori ticinesi. Ha giocato nella squadra di calcio del Gran Consiglio e del Consiglio Nazionale e da quest’anno presiede l’associazione Team Ticino che promuove il calcio giovanile d’élite. Fabio Regazzi, uno dei temi dominanti di questa campagna per le elezioni federali di ottobre è la congiunzione delle liste tra il PLR e il suo partito, il PPD. Ma nel polo urbano della sua regione, parliamo di Locarno, le prove di “congiunzione” sono in atto ormai da anni, sotto forma di collaborazione e di unità di intenti tra i due partiti di maggioranza, PLR e PPD, appunto…
“Mi rallegro che in alcuni comuni, come per esempio a Locarno, la collaborazione tra i due partiti di centro funzioni bene. Penso sia un esempio da seguire, perché mi pare che a Locarno i cittadini siano soddisfatti di come il Municipio amministra la città. Segno che quando c’è un buon accordo tra gli attori politici i risultati sono generalmente migliori”.
Fino a che punto può spingersi l’alleanza tattica siglata in vista delle federali?
“Secondo me non bisogna sopravvalutare questa congiunzione. Stiamo parlando di rafforzare la collaborazione, di creare un polo di centro più forte, ma da qui a pensare che questo sia il primo passo verso l’unione di due partiti che sono comunque diversi e devono restare diversi, ognuno con le proprie peculiarità, ce ne corre. Per cui, sono contento di questa decisione ma le attribuisco la giusta portata e non immagino, come qualcuno ha fatto, scenari che per il momento non sono per nulla realistici”.
Parliamo di calcio. Lei è stato per anni uno degli uomini di punta della ‘Nazionale del Gran Consiglio’. Un attaccante ‘di sfondamento’, alla Boninsegna, per citare un grande centravanti del passato… Oggi le scarpette le ha appese al chiodo?
“Sì, con grande dolore e rammarico ho deciso di appendere definitivamente le scarpette al chiodo. Il colpo di grazia è arrivato con l’incidente sciistico che ho avuto quest’inverno e che mi ha provocato una lesione al ginocchio destro. Ho provato a giocare il torneo dei parlamenti nazionali a Mendrisio nel mese di maggio. Ma, pur segnando un’ultima rete contro la Germania, che considero un po’ il mio canto del cigno dal profilo calcistico, ho capito che le mie ginocchia mi impongono di smettere con questo magnifico sport. Lo faccio a malincuore, ma bisogna essere realisti. Per cui considero finita la mia modesta carriera calcistica”.
Il fucile invece immagino che non intenda deporlo, visto che lei è anche presidente della Federazione ticinese cacciatori… “Ah no, spero che la mia passione per la caccia durerà ancora molti anni, anche se le ginocchia giocano comunque un ruolo importante”. Dipende anche da dove si va a caccia…
“Questo è chiaro, ma a me piace la caccia alpina, soprattutto quella al camoscio, che richiede uno sforzo fisico importante. Per il momento mi sento ancora in piena forma, anche se faccio un po’ più fatica rispetto a qualche anno fa, ma questo è inevitabile data l’anagrafe”.
Veniamo a uno dei progetti viari più attesi e contrversi del Locarnese: dal suo ufficio, qui nella sede della sua azienda a Gordola, si vede quella che un tempo si chiamava ‘T21’ e ora si chiama ‘A13’. È cambiato il nome, ma il collegamento con l’autostrada A2 è ancora di là da venire…
“Già… Per me si tratta di una delle opere fondamentale sul piano viario, non solo per il Locarnese ma per tutto il Cantone, e se verrò rieletto in Consiglio Nazionale sarà una delle mie priorità per la prossima legislatura, anche perché sono membro della Commissione dei trasporti che si occupa dei progetti delle infrastrutture stradali. Un progetto di cui purtroppo parliamo dagli anni Novanta e oggi, alla soglia del 2020, non c’è ancora una soluzione chiara e condivisa. Negli ultimi anni qualcosa di concreto si è fatto: abbiamo il progetto elaborato dal Cantone, che dal 1° gennaio prossimo passerà nelle mani dell’Ufficio federale delle strade. I presupposti per la sua realizzazione non sembrano essere i migliori per cui si tratterà di ricucire lo strappo che apparentemente c’è stato tra Cantone e USTRA, e bisognerà a tornare a occuparsi di questo progetto affinché sia sottoposto nel più breve tempo possibile a una decisione politica”.
Quanto tempo ci vorrà secondo lei?
“Realisticamente credo che per i prossimi 10/15 anni non potremo vederlo realizzato, perché i tempi della politica sono purtroppo inesorabilmente lunghi. Già solo per la realizzazione del progetto bisognerà considerare 7 o 8 anni, ma prima ci saranno l’iter di progettazione e soprattutto quello di decisione politica. A Berna bisognerà combattere, perché i collegamento A2-A13 è un progetto molto costoso, circa un miliardo e mezzo di franchi, e ci sono molti cantoni che si stanno battendo per far avanzare le loro opere stradali. Bisognerà quindi sgomitare nelle giuste sedi a Berna – e una di queste sarà la Commissione dei trasporti – per far valere le ragioni della nostra Regione e del nostro Cantone”. Lei è anche imprenditore e pure presidente dell’Associazione industrie ticinesi… C’è chi le rimprovera di essere troppo vicino all’Europa quando si tratta di difendere le ragioni dell’economia, ma anti-europeista quando si tratta di difendere, per esempio, i diritti dei cacciatori, com’è accaduto sulla legislazione sulle armi sulla quale abbiamo recentemente votato… “Respingo assolutamente questa accusa: a scanso di equivoci, ribadisco che non sono europeista. Sono però un imprenditore che ritiene importante poter avere dei buoni rapporti con l’UE, che rappresenta un partner fondamentale per la nostra economia, per il nostro benessere e per i nostri posti di lavoro”.
Ma alcuni ritengono che alla fine gli accordi con l’Uione Europea sfoceranno, un giorno o l’altro, nell’adesione da parte della Svizzera…
“Personalmente non sosterrò mai, e sottolineo mai, un’adesione all’Europa, perché il nostro Paese deve rimanere autonomo e indipendente, e questo per me è fondamentale. Ma al tempo stesso sono un fautore di una buona collaborazione con l’UE, nel limite del possibile. È chiaro però che ci sono dei limiti. Non possiamo concedere tutto: dobbiamo essere in grado di difendere i nostri diritti e le nostre prerogative, cosa che ho fatto per esempio sul tema delle armi, in quanto ritenevo inaccettabile la proposta di modifica legislativa poi approvata a livello federale. In altri ambiti occorre invece cercare soluzioni condivise, ponderando bene gli interessi in gioco. Sono quindi favorevole alla via bilaterale, che è una soluzione intelligente e pragmatica, anche se va affinata e adattata ai cambiamenti dei tempi. Una soluzione che ha garantito, pur con qualche inevitabile problema, uno sviluppo positivo della nostra economia e quindi del nostro benessere”.
In: X Locarno, quadrimestrale di attualità Locarnese, 02/2019
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