No a NO Billag senza catastrofismi
Siamo oramai in dirittura d’arrivo della campagna sull’iniziativa popolare denominata No Billag. Pur avendo preso parte a parecchie votazioni nel corso della mia attività politica, mai come in questa occasione il confronto è stato caratterizzato da toni così accesi, in taluni frangenti persino peggio di quanto era successo per la campagna di votazione sul completamento del Gottardo. La posta in gioco è innegabilmente molto alta, sia per quanto riguarda le prospettive del servizio pubblico radiotelevisivo che per i posti di lavoro che verrebbero toccati. Per sbaragliare subito il campo da possibili equivoci, personalmente voterò contro questa iniziativa, troppo estrema e mal concepita, perché si possa anche solo ipotizzare un sostegno, come ho già avuto modo di sottolineare intervenendo lo scorso mese di settembre in Consiglio nazionale. Se da un lato sono quindi d’accordo con le posizioni di fondo del comitato che si oppone all’iniziativa NO Billag, dall’altro non posso condividere i toni a volte catastrofisti e le enfatizzazioni di alcuni slogan utilizzati, che associano un eventuale accoglimento della stessa alla fine della nostra democrazia o addirittura della Svizzera, che peraltro è nata e si è sviluppata ben prima della SSR e sarà in grado – ne sono convinto – di sopravvivere anche ad una sua eventuale sparizione. Con questo non intendo certo minimizzare quelle che sarebbero le conseguenze qualora il popolo Svizzero dovesse accogliere tale dell’iniziativa. Segnerebbe né più né meno la fine del nostro ente radiotelevisivo pubblico. Il testo posto in votazione non lascia in effetti alcun spazio di interpretazione e chi sostiene il contrario o non ha letto l’articolo costituzionale oppure è in malafede. Quindi non può realisticamente esistere un piano B come taluni sostengono, proprio perché il tenore dell’iniziativa, almeno da questo punto di vista, non lascia adito a dubbi (“La Confederazione non sovvenziona alcuna emittente radiofonica e televisiva”, recita il cpv. 3 del nuovo art. 93 della Costituzione federale). Mi sono chiesto se i sostenitori della NO Billag, ma anche chi prova una certa simpatia alla stessa, sono realmente consapevoli di cosa succederà se il 4 marzo l’iniziativa dovesse essere accolta. La prima conseguenza è he il servizio pubblico radiotelevisivo così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi verrebbe di fatto azzerato con tutta una serie di implicazioni che occorre ponderare attentamente. Pensiamo da un lato ai ca. 6’000 dipendenti (di cui 1’200 in Ticino) che nel giro di pochi mesi si troverebbero senza un lavoro (e molti di loro con scarse possibilità di ricollocamento). Ma anche all’impoverimento del panorama mediatico radiotelevisivo che in alcuni ambiti come l’informazione, la cultura, gli approfondimenti, il dibattito politico, ecc. è inimmaginabile che possa essere sostituito da un’equivalente offerta di ipotetiche emittenti private, sicuramente poco attente alle nostre peculiarità regionali poiché orientate sui programmi nazionali più redditizi. Nel nostro Cantone poi, troppo piccolo per essere attrattivo, rischiamo di ritrovarci in una sorta di deserto mediatico visto lo scarso interesse economico che esso suscita. Il modello attuale, che prevede un mandato di servizio pubblico alla SSR è lungi dall’essere perfetto ma presenta anche molti pregi: ad esempio alla ripartizione delle risorse finanziarie per regione linguistica che tiene conto del principio della solidarietà tipicamente federalista della Svizzera, oppure al sostegno a 34 emittenti private per garantire un’offerta mediatica ampia e variegata, la cui esistenza verrebbe pure messa in pericolo. Ognuno di noi potrebbe avere un motivo per contestare l’operato della SSR (e lo dice uno che ha più volte espresso delle critiche nei confronti della RSI) ma è innegabile che il nostro ente radiotelevisivo pubblico rappresenta un patrimonio di conoscenze, esperienze e competenze formidabile che sarebbe irresponsabile azzerare con un colpo di spugna. Se poi analizziamo cosa ci viene prospettato in caso di accoglimento dell’iniziativa (un nebuloso e confuso sistema di asta delle concessioni), appare evidente che siamo di fronte ad un vero e proprio salto nel buio con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.
Che nessuno si faccia però illusioni. Superato lo scoglio del 4 marzo, la SSR dovrà subito affrontare un serio e incisivo piano di riorientamento dell’offerta di servizio pubblico, che comporterà inevitabilmente un ridimensionamento delle risorse messe a disposizione e nel contempo un rafforzamento della collaborazione con gli attori privati del panorama mediatico. Ci vorrà coraggio, determinazione e soprattutto un sano bagno di umiltà perché altrimenti il prossimo tentativo –già preannunciato – di scardinare la SSR potrebbe andare a segno.
Se vogliamo dare una chance per riformare la SSR occorre quindi tenerla in vita per cui l’iniziativa NO Billag deve essere bocciata.