Manodopera femminile qualificata: la partita che la Svizzera non può perdere
Non giriamoci attorno: l’immigrazione è controversa in Ticino come in Svizzera. Gli animi si accendono in fretta al momento di discutere possibili modi o sistemi di regolazione. Non è però in discussione un fatto: alla nostra economia manca manodopera specializzata e le nostre imprese fanno viepiù fatica ad occupare i posti vacanti, cresciuti in Svizzera nel corso dell’ultimo anno del 17% (!). Senza contromisure adeguate il prezzo da pagare per la piazza economica rischia di essere alto.
Bisogna quindi chiedersi se non vi sia la possibilità di intervenire con politiche interne. L’obbligo di annuncio di posti vacanti appena introdotto in Svizzera, che impone alle imprese di segnalare agli URC i profili professionali ricercati, avrà probabilmente il beneficio di reclutare “prima i nostri”, ma in termini puramente numerici non basterà in alcun modo a far fronte alla carenza di manodopera. Vi sono però altri strumenti.
In modo poco sorprendente, l’Unione svizzera degli imprenditori – l’associazione mantello dell’economia svizzera con un focus sulla politica del mercato del lavoro – rileva regolarmente nei suoi studi un grande potenziale tra le madri, spesso a beneficio di formazioni di alto livello. Un loro maggiore coinvolgimento nel mercato del lavoro permetterebbe infatti di ridurre la necessità di manodopera estera. Secondo una recente statistica la quota di donne tra i 25 e i 54 anni con un impiego in Svizzera era del 82% nel 2015, una delle più elevate in Europa dopo la Svezia. Il tasso di occupazione femminile cala però al 70% tra le madri con almeno un figlio al di sotto dei 6 anni. Nel raffronto internazionale la Svizzera scivola così all’undicesimo posto. Inoltre la Svizzera si distingue per un tasso di madri che non lavorano a tempo pieno, che occupano il secondo rango nella classifica europea delle madri impiegate a tempo parziale. Se si aggiunge che solo le donne indicano tra le principali ragioni la cura dei figli e altre responsabilità familiari si capisce come in questo segmento, il potenziale supplementare di donne che lavorano a tempo parziale e che vorrebbero lavorare di più è molto elevato, ca. 15’000 posti di lavoro a tempo pieno. Uno sforzo va dunque concentrato sugli strumenti che permettono alle famiglie – madri e padri – di coniugare i loro impegni familiari a ruoli professionali attivi. I servizi di custodia di bambini, modelli e orari di lavoro flessibili, o il telelavoro, sono tra gli elementi su cui va messo l’accento con più vigore. In questo senso le misure pro-conciliabilità lavoro famiglia finanziate dalle imprese e votate dal popolo ticinese lo scorso nell’ambito della riforma fiscale e sociale lo scorso 29 aprile vanno nella giusta direzione.
Da anni l’Unione svizzera degli imprenditori si impegna in questa direzione: un maggiore coinvolgimento delle madri nel mercato del lavoro potrebbe non da ultimo correggere sviluppi poco auspicabili, come le differenze salariali tra uomo e donna, e consentire di attingere maggiormente nella riserva di talenti femminili per le funzioni dirigenti.
La Svizzera non può più permettersi il lusso di mantenere difficoltoso l’accesso a una manodopera qualificata come quella femminile. È una delle condizioni più importanti per la permanenza o l’insediamento delle imprese in Svizzera e non possiamo perdere questa partita.
Fabio Regazzi, Consigliere nazionale, membro di comitato dell’Unione svizzera imprenditori