CdT: Uguali&Diversi a cura di Gianni Righinetti

Tra i due candidati al Consiglio degli Stati, al di là delle etichette politiche, c’è amicizia e stima – «Greta, mi irriti quando fai la maestrina» – «Fabio, sul clima sei dogmatico»

Parole in libertà, senza troppe formalità e con il sorriso. Una chiacchierata tra due candidati al Consiglio degli Stati: Greta Gysin (Verdi-PS) e Fabio Regazzi (Il Centro).

Greta Gysin e Fabio Regazzi arrivano al Corriere del Ticino quando è ormai buio, quello che li attende altro non è che un aperitivo di parole prima di affrontare un nuovo dibattito televisivo con i colleghi in corsa per il Consiglio degli Stati. Sorridono (anche perché c’è il fotografo) e parlano tranquillamente tra di loro. In questa lunga campagna è difficile giocare la carta dell’effetto sorpresa. L’ecologista sa esattamente cosa pensa l’esponente de Il Centro e viceversa. Sono entrambi consiglieri nazionali (e hanno il loro seggio indipendentemente da come andrà il ballottaggio per il Consiglio degli Stati). Ma c’è almeno una differenza: Gysin è quarta (per arrivare almeno seconda l’attende una impervia scalata), mentre Regazzi è secondo, seppur pressato dal PLR Alex Farinelli. In teoria la pressione è più sull’uomo faro dei cacciatori che sulla donna dei Verdi.

Oltre le etichette politiche

Regazzi mette sul tavolo qualche appunto e una penna. Gysin subito lo punzecchia: «Ma Fabio, ti sei preparato? Hai fatto un po’ il secchione?». «Ma figurati, è solo tutta scena, per fare vedere di essere sul pezzo» replica. Il clima è da subito informale e amichevole. D’altronde non poteva essere così dopo che entrambi, passati alla lente questa estate con il format «Pubblico&Privato» ci avevano raccontato solo belle cose reciprocamente, svelando un’amicizia basata sulla stima. Non sull’uniformità del credo politico che è molto distante. Anche se, più avanti, vi renderete conto che nell’imprenditore c’è anche una porzione di clima e nell’ecologista qualche guizzo di «pro caccia».

Il peso delle elezioni

Se ora foste qui da soli, di cosa parlereste? Per qualche secondo cala il silenzio. «Più che parlare, discutiamo animatamente» osserva divertito Regazzi. «Principalmente parliamo di politica. Anche perché è praticamente solo in contesti politici che ci vediamo» afferma Gysin tanto per togliere un po’ di pressione dalla questione «amicizia». «Ci sono temi di territorio che stanno a cuore a entrambi, anche se non sempre dalla stessa prospettiva. Fabio ha un forte legame con la Verzasca e io con le Centovalli, anche questo è tema di discussione, in particolare sulla questione rustici, ma anche del lupo ovviamente» aggiunge l’ecologista. Questa, fondamentalmente, è politica: «Certo, capisco che vorrebbe discutere della vita privata, ma la mia non è per nulla interessante, direi noiosa» dice Regazzi (ovviamente bleffando). «La nostra amicizia si basa su simpatia e stima. Si può essere avversari politici senza darsi dell’illustrissimo. Va bene così. E se devo fare un complimento, che ho già fatto, a Greta, è che ha davvero svolto un’ottima campagna, brava, senza eccessi e passando bene» si lascia andare l’imprenditore. Glielo aveva già detto? Gysin sorride: «In realtà non mi ricordo, ma lo ringrazio. Confermo che il sale della politica è la discussione, non lo scontro. A maggior ragione in Svizzera, con il nostro sistema politico».

Stimo il tuo grande impegno e il coraggio di andare contro le opinioni del tuo partito,

non è cosa comune per i politici

Greta Gysin, candidata PS-Verdi al Consiglio degli Stati

E come stanno andando queste settimane? «Faticose, perché la campagna richiede grande disponibilità, nei confronti dei media e degli elettori che ti cercano e gradiscono incontrarti e dialogare. E questo sforzo si somma a quello della “normale” quotidianità». Regazzi, abituato ad avere molti impegni anche in virtù della presidenza dell’USAM: «Ai ritmi intensi in settimana sono abituato, ma mi mancano soprattutto i week-end per riossigenare corpo e mente, ad esempio in montagna. È da due mesi che i fine settimana sono piuttosto impegnativi. Ma non molliamo proprio ora, manca davvero poco».

Gysin fa rivivere «le immagini di questi giorni autunnali. È la mia stagione preferita per i colori e il profumo della natura. Ecco: quest’anno non sono andata una volta a passeggiare nei boschi». Regazzi, quindi vale il «basta finisca, comunque vada?» osserviamo: «Beh, meglio se andrà bene, ma siamo sportivi. Non farcela, lo ammetto, sarebbe una delusione, vale per ogni sfida, ma mi farò sorprendere come mi ha molto sorpreso, in positivo, il risultato al primo turno».

La cacciagione sul piatto

In estate aveva suscitato curiosità l’invito di Regazzi a Gysin per una battuta di caccia. Lei aveva accettato, ma non è stata ancora agendata. Poi Gysin aveva specificato che la sua adesione era finalizzata ad «andare per fare fuggire la selvaggina». Ma oggi aggiunge una osservazione: «Sono convinta che sia meglio la carne di selvaggina che quella degli allevamenti intensivi. Per il benessere dell’animale come per la qualità della carne». È pronta per la battuta di caccia? «Sono curiosa». «Bene Greta, magari combiniamo per la caccia al cinghiale di gennaio» rilancia Regazzi ridacchiando.

I Verdi e il Consiglio federale

Dopo le Camere federali, il 13 dicembre toccherà al Consiglio federale con una giornata che si annuncia intensa, anche se a livello di formula magica non sono attese sorprese. Ma i Verdi vogliono accedere alla stanza dei bottoni. Da cosa muove e su cosa poggia questa vostra convinzione? Avete ottenuto percentuali peggiori di quattro anni fa e presentate solo Gerhard Andrey, non un numero uno della politica federale. «In realtà aritmeticamente abbiamo più diritto noi ad un primo seggio che non il PLR al secondo – afferma Gysin – è il partito più sovrarappresentato. Ecco perché il Gruppo parlamentare dei Verdi ha deciso di andare e tentare». Mossa giusta? «C’è chi è più e chi meno convinto, ma si va tutti assieme a difendere la scelta del gruppo. Andrey è un bel profilo, non è quello che si definisce il verde tipico. È un giovane e dinamico imprenditore con oltre 200 persone alle proprie dipendenze. Sarebbe l’unico imprenditore in Consiglio federale». Regazzi, Gysin l’ha convinta? «Concordo sul fatto che Andrey è un bel profilo, l’ho conosciuto, lo apprezzo. Una persona seria ed equilibrata, non un integralista». E sulla mossa politica cosa dice? «Non nascondo perplessità sulla strategia. Sono d’accordo che il PLR è sovra rappresentato, la matematica non si può sindacare. La regola della formula magica dice che i primi tre partiti hanno due seggi a testa e il quarto partito ne ha uno. I Verdi vorrebbero ridiscutere. Legittimo. Ma con il risultato ottenuto e nel contesto attuale e con i presupposti detti, mi pare un’operazione che ha davvero poco senso. In ogni caso lo vedremo a metà dicembre». Ma il vero problema, e qui i due candidati concordano, ad essere troppo grandi sono i dipartimenti, ma la soluzione «Consiglio federale a nove membri» non passa ed è avversata anche da alcuni ticinesi. Alla fine, in questo contesto, finisce per essere molto importante e potente l’Amministrazione e i suoi funzionari.

Scenari del dopo Berset

Ma chi scegliere tra i candidati alla successione del socialista Alain Berset? «I profili interessanti non mancano – afferma Gysin – ma prima di esporsi, per questione di rispetto, occorre attendere il ticket del PS». «Certamente – aggiunge Regazzi – ma ciò non toglie che ad esempio io stimo Daniel Jositsch e mi piace anche un profilo come Jon Pult che, tra l’altro, avrebbe il pregio di esprimersi correttamente in tedesco, francese e italiano».

Svelati pregi e difetti

«Di Fabio stimo il grande impegno e il coraggio di andare contro le opinioni del suo partito: quando è scoppiata la pandemia, per esempio, è stato uno degli artefici della soluzione per compensare gli affitti dei commerci assieme a Regula Rytz (Verdi) e Jacqueline Badran (PS)». «Ricordo – risponde Regazzi – un’accoppiata inedita». E quale il «difetto» di Regazzi? «Beh, la sua opposizione sul clima, questa è certamente dogmatica». E l’imprenditore cosa ne dice? «Pregi? Greta ne ha più di uno. Apprezzo molto la capacità di dialogo che ha con esponenti di altre forze politiche. Vedo a sinistra molte persone rigide che rifiutano il confronto per partito preso. Greta no, e le fa onore. Per questo, pur mantenendo la sua linea riesce a confrontarsi anche con il sorriso con persone distanti anni luce da lei (politicamente parlando)». E ciò che gradisce poco? «Malgrado la sua disponibilità al dialogo, mi disturba il suo atteggiamento che emerge ogni tanto dai dibattiti, da “maestrina che ti fa la lezioncina”. Qualche volta, lo ammetto, mi ha fatto inviperire ma poi la cosa è subito rientrata».

Gli Stati e le regole non scritte

Greta Gysin è a sinistra, e su questo non ci sono dubbi. Ma il Consiglio degli Stati ha alcune regole che smussano gli angoli a destra e sinistra: «C’è poi la regola non scritta – prosegue Gysin – che negli interventi non si cita il proprio partito. Inoltre, nella prima sessione i neoeletti non prendono la parola, il PC in quell’aula non si usa (solo il tablet che non produce alcun ticchettìo dei tasti) e gli uomini mettono rigorosamente la cravatta. Conosco colleghi al Nazionale che ne tengono una sotto il banco se per caso devono andare nella Camera dei Cantoni ad ascoltare un dibattito». «Tutto pertinente quello che dice Greta – aggiunge Regazzi – e nei 12 anni trascorsi in Consiglio nazionale ho avuto qualche problema con gli Stati, anche con i miei colleghi di gruppo. Quasi sistematicamente è un po’ la Camera di bocciatura di ciò che arriva dal Nazionale. Io percepisco una sorta di aurea di superiorità. Ma riconosco che lì si muove tanto, molto più che nella Camera del popolo. Punto ad andarci per questo e perché credo che per il Ticino si possa fare molto, soprattutto d’intesa con altri cantoni».

Apprezzo la tua capacità di dialogo con gli esponenti di altre forze politiche.

A sinistra molti rifiutano per partito preso

Fabio Regazzi, candidato Il Centro al Consiglio degli Stati

Destra, sinistra o centro?

Regazzi è stupito che il Ticino, premiando lei e Marco Chiesa al primo turno abbia votato tanto a destra? «Righinetti, lo so che questo è un po’ il suo mantra, ma chi dice che io sarei tanto a destra? Mi sembra un po’ una storiella da relativizzare». Ma allora faccia un esempio? «In Svizzera interna mi puntano il dito contro poiché sarei di sinistra, mentre stando al rating della NZZ, pubblicato ogni quattro anni, su una scala da 1 a 10 il sottoscritto si piazza a quota 1,3 e Alex Farinelli a 1,4. Quindi, è un dato di fatto che io sono di centrodestra, che è poi quello che ho sempre detto. Su certi temi sono stato vicino all’UDC, ma ricordiamo che ho sostenuto il congedo paternità, il rincaro dell’AVS che liberali e UDC hanno respinto. Ecco, per dire che le etichette sono facili, ma la realtà è ben altro». È un messaggio agli elettori moderati? «È la realtà dei fatti e il Ticino ha bisogno di rappresentanti che riescano a declinare le posizioni partitiche secondo le necessità – spesso particolari – del Cantone».

Integralisti e raccolta separata

Gysin, gli integralisti climatici vi hanno provocato danni elettorali? «In questa campagna ho dovuto rispondere più su questo aspetto che sulle possibili soluzioni: è un po’ frustrante. Io ho sempre preferito la strada istituzionale all’attivismo». Ma neppure si è mai fortemente distanziata… «Il rispetto delle regole per me è centrale, ma non ritengo tocchi a me giustificarmi per le azioni di altre persone. È come se Fabio dovesse giustificarsi per l’agire dei bracconieri o di imprenditori che evadono il fisco». Regazzi, ma in lei c’è un briciolo di ecologia? «Certo, forse nessuno sa che sono un fanatico della raccolta separata e questo da tempo. Poi credo nelle rinnovabili e ho fatto installare un impianto fotovoltaico sulla mia azienda e sulla mia abitazione. Dobbiamo fare passi avanti decisi nella protezione del clima e la soluzione passerà soprattutto dall’innovazione e non imponendo tasse e balzelli come la sinistra e una parte dei rappresentanti dei partiti borghesi è intenzionata a fare».