Fabio Regazzi, candidato al Consiglio degli Stati per il Centro
L’opinione CdT
C’è chi vive il periodo elettorale in modo intenso, come una competizione sportiva dalla quale, attraverso le urne, escono vincitori e vinti. Difficile biasimare questo approccio, incentivato dai media che tentano sempre di più spettacolarizzare la politica. In Ticino più che altrove la densità di radio, TV, giornali e portali di vario genere, conditi da appuntamenti elettorali in ogni angolo del cantone, rendono la campagna elettorale una competizione più orientata ai voti che ai contenuti.
Ma tra poche settimane il Parlamento a Berna sarà al completo, il nuovo Consiglio federale insediato e le prossime elezioni distanti anni. Ma a non cambiare sono i problemi sul tavolo. Da decenni la politica non riesce a concepire una riforma in materia sanitaria, capace di contenere i costi oramai fuori controllo. Durante la sessione invernale vi sarà l’opportunità – a questo punto storica – di approvare il finanziamento uniforme delle cure ambulatoriali e stazionarie, con benefici sui costi ogni anno da 1 a 3 miliardi di franchi. La riforma poggia le sue basi su un atto parlamentare di una mia collega del Centro di 15 (!) anni fa. Assurdo. Il Parlamento è invece rapido ad ampliare il catalogo delle prestazioni coperte con i nostri premi: lo stesso giorno in cui l’UFSP ha comunicato l’aumento dei premi di oltre il 10% in Ticino, la Camera alta ha aumentato le prestazioni coperte dall’assicurazione di base integrando gli interpreti per le persone che non parlano lingue nazionali. Incredibile.
Anche nella previdenza vecchiaia i passi sono molto timidi. Per garantire le rendite dei nostri sistemi sociali l’unica idea che sembra faccia meno fatica a trovare maggioranze è quella di aumentare i contributi alle giovani generazioni, inducendoli per altro a lavorare meno proprio quando siamo in presenza di penuria di manodopera. Anche in questo caso i ticinesi sono più toccati, alla luce degli stipendi mediamente inferiori rispetto a quelli zurighesi o comunque della Svizzera interna.
È il momento di affrontare di petto i problemi e farlo in un’ottica ticinese, come squadra. Gli ultimi 12 anni a Berna mi hanno fatto capire come la deputazione ticinese a Berna disponga di una voce forte a patto che non si perda in una cacofonia di opinioni e distinguo orientate a scopi elettorali o mediatici. Rispetto a 20 anni fa, i problemi e la necessità di riforme sono più accentuati e urgenti. Fare squadra è sempre stato importante per la minoranza linguistica ticinese, con una realtà fortemente influenzata da dinamiche italofone del tutto particolari. Ma nella prossima legislatura il valore del gruppo, dell’unione di intenti, del compromesso a beneficio dell’interesse del cantone e non del partito o del singolo riveste un significato ancor più forte. La nuova Deputazione, Consiglieri agli Stati e Consiglieri nazionale, ha una grande responsabilità.