Fabio Regazzi, consigliere nazionale per Il Centro dal 2011, oggi punta al Consiglio degli Stati – E non corre solo per gioco: «Sono una persona competitiva, detesto perdere» – La scelta di non sposarsi, la passione per la caccia e la successione dell’azienda di famiglia.
L’appuntamento con Fabio Regazzi è alle 7.30, un orario in realtà da dormiglioni per una persona abituata a partire per la caccia notte tempo. Regazzi morde il freno, neppure il tempo di arrivare nella sede del Gruppo Regazzi a Gordola e via in direzione Frasco.
L’idea di condividere con altri quelle oasi di pace e ruralità che fanno parte della sua esistenza gli ha fatto salire l’adrenalina. «Beh, io sono fatto così, raramente sto con le mani in mano e detesto perdere tempo».
Partiamo sul suo Land Rover Defender, l’auto da battaglia, fatta per i monti e la caccia e, mentre saliamo verso la Valle Verzasca, il politico a Berna presente in Consiglio nazionale dal 2011, attacca raccontando quello che è la sua azienda oggi: «Siamo alla terza generazione, oggi abbiamo 140 dipendenti e io praticamente ho preso il timone da mio padre Efrem Regazzi nel 2000.
Ma tra la gestione di ieri e quella di oggi sono cambiate molte cose, e io guardo già al domani. È già venuto il momento di pensare alla successione aziendale».
Prima di dedicarsi all’azienda di famiglia, Fabio Regazzi ha fatto l’avvocato e il notaio per una quindicina di anni. Ma all’azienda è sempre stato vicino e pure attivo: «Certo, mio padre Efrem non ha mai fatto sconti e non ci ha tenuti nella bambagia.
La mia famiglia era benestante, ma non abbiamo mai vissuto nel lusso: siamo cresciuti con la cultura del lavoro.
Quando ero un ragazzo le estati le trascorrevo a lavorare in ditta, ma non in ufficio: sui cantieri.
Oltre a guadagnare qualche franchetto, ho fatto una bella esperienza e ho conquistato la credibilità e penso anche la stima dei collaboratori che vedevano il figlio del capo rimboccarsi le maniche come facevano loro».