Un’ iniziativa che ‘ridistribuisce’ o ‘ammazza la ricchezza?
La Giso vuole chiamare alla cassa i super-ricchi per finanziare la protezione del clima.
Yannick Demaria e Fabio Regazzi sono su due pianeti diversi.
di Stefano Guerra
YANNICK DEMARIA
«Chi inquina paghi, questione di giustizia»
L’obiettivo dichiarato dell’iniziativa della Gioventù socialista (Giso) è la protezione del clima. Ma affermate anche che “è necessario riformare radicalmente il nostro sistema economico”. Siamo ancora alla lotta di classe, al superamento del capitalismo: la vostra sembra ottusità ideologica.
Partiamo semplicemente dall’osservazione della realtà: la crisi climatica e la concentrazione della ricchezza. Questi due problemi concreti vanno affrontati assieme. È quanto propone la nostra iniziativa, che permetterebbe di ricavare 6 miliardi di franchi all’anno per finanziare, ad esempio, programmi per il mantenimento di posti di lavoro e di formazione continua, lo sviluppo della mobilità sostenibile o programmi di risanamento energetico degli edifici.
Ve la prendete con i “super-ricchi” che “minacciano il nostro futuro e la democrazia”: che problema avete con loro?
Non è una questione personale, ma di giustizia. Il fatto è che numerosi studi – il recente rapporto di Oxfam, ad esempio – dimostrano come le persone più ricche siano quelle che inquinano molto di più. Noi perciò diciamo che, in base al principio costituzionale “chi inquina paga”, questi super-ricchi devono contribuire maggiormente alla lotta contro la crisi climatica.
Sono sempre loro, poi, a trarre il maggior beneficio dal sistema capitalistico, controllando il potere grazie alla ricchezza. In questo senso, la nostra iniziativa funge da correttivo.
La Svizzera ha già un sistema fiscale fortemente progressivo: il 10% delle persone più ricche garantisce il 90% del gettito dell’imposta sulla sostanza e il 50% del gettito dell’imposta sul reddito.
Nessuno nega che i super-ricchi già oggi contribuiscano in maniera interessante dal punto di vista fiscale. Ma non è sufficiente. Se il sistema fiscale funzionasse a dovere, non avremmo una tale concentrazione della ricchezza.
In Svizzera l’1% più ricco possiede quasi il 45% del patrimonio totale; le 300 famiglie più ricche possiedono 835 miliardi di franchi. Dall’altra parte, la stragrande maggioranza della popolazione vede i salari ristagnare mentre i premi di cassa malati e gli affitti aumentano senza sosta.
In Svizzera i soldi di una famiglia sono già tassati come reddito e come sostanza. Inoltre, siamo uno dei pochi Paesi ad avere sia un’imposta sulla sostanza, sia imposte sulle successioni. Perché appesantire ulteriormente la macchina fiscale?
La macchina fiscale non è pesante, ma complicata. La nostra è una delle soluzioni possibili al problema della concentrazione della ricchezza. Ce ne sarebbero molte altre: aumentare un po’ l’imposta sulla sostanza, una microtassa sulle transazioni finanziarie, e così via.
Abbiamo optato per l’imposta di successione basandoci su dati che dimostrano come l’80% del patrimonio dei 300 super-ricchi residenti in Svizzera sia frutto di eredità, ossia di privilegi.
Se molti contribuenti facoltosi lasceranno la Svizzera, anche il gettito delle imposte sul reddito e sulla sostanza si contrarrà. Secondo uno studio di Marius Brülhart, dell’Università di Losanna, la vostra imposta sulle successioni finirà addirittura col provocare perdite fiscali allo Stato, anziché generare maggiori introiti. Giocate col fuoco?
No. Lo studio di Brülhart, sul quale anche noi ci siamo basati, precisa che ciò si verificherà solo se non verranno adottate quelle misure per combattere l’elusione fiscale che l’iniziativa prescrive.
D’altronde, non esistono studi che dimostrano la tesi di una perdita di gettito fiscale collegata alla fuga all’estero dei ricchi contribuenti. Anzi: in Ticino, nonostante un calo del numero di “globalisti” [ricchi stranieri residenti tassati in base al dispendio, ndr] il gettito complessivo generato dai forfait fiscali è aumentato.
I super-ricchi risiedono qui per tante ragioni (stabilità politica, manodopera qualificata, ottime infrastrutture, ecc.), non certo solo per l’aspetto fiscale.
Lo stesso Brülhart vedrebbe di buon occhio imposte sulle successioni più elevate, per aumentare il gettito fiscale e ridurre la grossa disparità esistente a livello di patrimoni. Però parla di un’aliquota del 5–10%, non del 50%; in cambio, l’importo esente da imposta potrebbe essere molto più basso, ad esempio inferiore ai 100mila franchi. Non potevate sparare un po’ meno in alto?
Vogliamo chiamare alla cassa solo le persone che approfittano del nostro sistema, quelli con una ricchezza spropositata, non coloro che ereditano 100mila franchi. Il nostro obiettivo è ridistribuire la ricchezza, ristabilire la giustizia sociale, climatica e fiscale.
Sostenete che le piccole e medie imprese (Pmi) non verranno colpite. Eppure, dato il valore non solo monetario di un’azienda, si fa relativamente presto a superare la soglia dei 50 milioni. Può capire i timori di un Fabio Regazzi [presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri-Usam, ndr]?
La preoccupazione è infondata. Il testo dell’iniziativa è chiarissimo: la nuova imposta si applica solo alle persone fisiche, ossia a quei 2’500 super-ricchi che hanno tutti i mezzi per pagarla.
Se i soldi stanno dentro l’impresa, non sottostanno alla nostra imposta. E poi quale Pmi supererebbe la soglia dei 50 milioni di franchi? Nel 2015 [quando si votò su un’iniziativa della sinistra per introdurre un’imposta di successione a favore dell’Avs, ndr] il vicepresidente dell’Usam dichiarò che con una simile franchigia non sarebbe stata colpita nemmeno una Pmi.
FABIO REGAZZI
«Pura ideologia, effetto domino sulle Pmi»
Fabio Regazzi, com’è messo con l’eredità?
Mio padre è ancora in ottima salute. Le principali questioni successorie sono state regolate già nel 2011, per anticipare gli effetti di un’altra scellerata iniziativa della sinistra su questo tema.
Se prendiamo le singole quote – la mia e quelle dei miei tre fratelli – siamo comunque ben lontani dalla soglia dei 50 milioni prevista dall’iniziativa.
La Giso definisce l’eredità “un regalo per il quale chi eredita non ha dovuto lavorare”. Insomma: lei sarebbe un privilegiato, non un imprenditore che si guadagna la vita.
Buona parte del valore dell’eredità è costituito dall’azienda. Questa ha un valore, certo. Ma comporta anche un onere, una grossa responsabilità. Basti pensare alle 140 persone stipendiate, con le loro famiglie.
Non nego di aver ricevuto da quest’eredità qualche vantaggio, o privilegio, se preferisce. Ma non mi ritengo affatto un privilegiato.
Parliamo di un patrimonio di famiglia sul quale nostro padre ha pagato ogni anno, per tutta la vita, l’imposta sul reddito e quella sulla sostanza, imposte che i suoi figli continuano a pagare, oltretutto in un Paese con un sistema fiscale fortemente progressivo, dove chi più guadagna e più ha viene chiamato alla cassa in maniera conseguente: il 5% dei contribuenti contribuisce per due terzi al gettito dell’imposta sul reddito e per il 90% a quello dell’imposta sul patrimonio.
È un contributo fondamentale alle casse pubbliche. La nostra coscienza è a posto.
È un fatto che oggi una persona che eredita un grande patrimonio è privilegiata sul piano fiscale rispetto a chi semplicemente lavora e viene tassato – in modo più pesante – sul reddito che consegue.
No, non è così. Ricordiamo che la Svizzera rappresenta in pratica un unicum sul piano fiscale. In tutti i Paesi europei, o quasi, il patrimonio – piccolo o grande che sia – non viene tassato.
Al momento del passaggio di proprietà, e solo in quel momento, viene prelevata un’imposta di successione. Questo lo posso capire.
In Svizzera abbiamo invece un’imposta sulla sostanza, che è dovuta ogni anno. A mio avviso imporre un’ulteriore tassazione, al momento della successione, non è corretto: è una sorta di doppia imposizione.
Per tornare all’iniziativa della Giso, che ha come obiettivo la protezione del clima: la Giso vuole ammazzare la ricchezza, per una questione puramente ideologica, che – me lo lasci dire – è un’assurdità.
Fuga dei contribuenti, distruzione delle aziende: il ritornello è sempre lo stesso. Si direbbe che accecati dall’ideologia siate voi, non (solo) la Giso.
No, no. Non c’è niente di ideologico: contesto fermamente questa affermazione. È chiaro che ogni volta dobbiamo sollevare la questione, e mi stupisco che oggi siamo ancora qui a discuterne.
Fortunatamente, il popolo svizzero ha sempre respinto proposte estreme come questa, per cui la controprova non l’abbiamo. Tuttavia, quello che è successo nei Paesi che già hanno adottato misure così incisive è lì da vedere: in Norvegia, diversi miliardari sono espatriati – anche in Ticino – dopo che hanno aumentato le imposte sui grossi patrimoni; e in Inghilterra, nel 2024 la fine dei privilegi fiscali per i non residenti ha provocato la partenza di 10’800 milionari, il 157% in più dell’anno precedente; e per il 2025 le stime parlano di altri 16’500 milionari che avranno fatto le valigie!
Qualità della vita, una relativa discrezione, stabilità politica, ottime infrastrutture: è soprattutto per questi aspetti che molti super-ricchi scelgono di prendere residenza in Svizzera, o – nel caso che ci interessa – di non andarsene. Non sarà un’imposta sulle successioni a farli fuggire in massa all’estero, no?
Vero: la Svizzera, dove la pressione fiscale non è comunque delle più basse, ha molto da offrire. Ma tutti questi atout non compensano una mazzata fiscale come quella che vorrebbe la Giso.
La Gioventù socialista parte dal principio “chi inquina paga”. Non è ovvio che i super-ricchi debbano pagare più imposte, visto che in media inquinano molto più degli altri?
(sorride) Sì, va bene. Ma girano anche loro con una macchina alla volta, non con 20. Inquinerà anche un po’ più di un’utilitaria, ma non bisogna nemmeno esagerare.
Il nostro sistema fiscale già adesso tiene conto del fatto che i super-ricchi inquinano un po’ più degli altri: pagando molte più imposte di un normale cittadino, contribuiscono in maniera fondamentale al gettito e – tra l’altro – al finanziamento delle sovvenzioni erogate per le misure di protezione del clima.
La Giso assicura: nel mirino abbiamo soltanto “una piccola élite di super-ricchi”. In effetti, con una “franchigia” di 50 milioni di franchi, non si vede come le piccole e medie imprese (Pmi) possano essere colpite. Voi invece sostenete che quest’iniziativa “distrugge le imprese familiari”. Perché?
È un’altra bufala della Giso. Non ci vuole molto per superare la soglia di 50 milioni, se si pensa al fatto che il valore di un’azienda – solo in minima parte monetario – è dato soprattutto dagli immobili, dai macchinari, dai brevetti, dal know-how, eccetera.
A quel punto, un erede dove andrà a prendere la liquidità per pagare un’imposta di svariati milioni?
La copresidenza del gruppo socialista in Parlamento propone ad esempio una ratealizzazione dell’imposta dovuta.
Fumo negli occhi. Questa è la dimostrazione che si sono resi conto di quanto assurda ed estrema sia la proposta della Giso.
Le Pmi rappresentano un patrimonio di grande valore per la Svizzera: se le massacriamo con una simile imposta, molte dovranno essere vendute, magari a investitori stranieri.
E questo creerà un effetto domino, perché queste aziende lavorano a stretto contatto con numerose altre Pmi.