L’esperto di assicurazioni sociali e il consigliere agli stati a confronto sul futuro delle pensioni dopo lo storico voto di domenica

Di Beniamino Sani – Il Federalista

Quali sono le implicazioni del voto pro tredicesima AVS di domenica, e quali scenari si aprono dopo un “sì” che per molti commentatori rappresenta un passaggio significativo nella storia delle votazioni popolari elvetiche? Quale interpretazione del voto danno i nostri due interlocutori? Dapprima il nostro collaboratore Bruno Cereghetti, consulente e grande conoscitore in materia di assicurazioni sociali.

 “Abbiamo certamente assistito a un mutamento paradigmatico: meno di dieci anni fa un’iniziativa che proponeva sostanzialmente la stessa cosa è stata bocciata. Il popolo svizzero non ha seguito questa volta i ragionamenti di ordine tecnico-economico, ovvero il problema del finanziamento che si porrà dopo il voto. La popolazione avverte di stare peggio e guarda ai positivi effetti immediati della misura accolta. Hanno dunque prevalso esigenze sociali ben marcate e ben presenti. Quando Giuliano Bignasca propose, ormai parecchio tempo addietro, la medesima idea fu cassato senza ricorso. L’umore, diciamo così, popolare, specialmente nel Canton Ticino è nettamente cambiato”. 

Su questo punto gli fa eco il consigliere agli Stati Fabio Regazzi. La popolazione Svizzera è solitamente attenta “alle implicazioni finanziarie dietro i titoli delle iniziative che vota”: si pensi alle “proposte -respinte- di introdurre sei settimane di vacanze, o di ridurre l’orario di lavoro legale, o ancora quando nel 2016 si votò sul reddito di base incondizionato”.

Per Regazzi bisogna considerare che, rispetto a quando l’iniziativa sulla tredicesima fu lanciata due anni fa, i cittadini sono oggi confrontati alla minaccia del rincaro che ha pesato sul potere d’acquisto. Ciò ha certamente favorito il testo costituzionale proposto, anche perché indubbiamente in esso “si offriva una prospettiva allettante, anche per chi magari”, come moltissimi pensionati, “non si trova affatto in una situazione finanziaria precaria”.

n questo senso è un peccato, aggiunge, che non si sia arrivati a proporre “un controprogetto mirato che andasse a risolvere la questione della disparità di trattamento delle coppie sposate (oggi penalizzate in maniera inspiegabile), ampliando al contempo le prestazioni complementari dell’AVS, per aiutare in maniera mirata chi tra i pensionati fatica davvero ad arrivare a fine mese”.

Il conto passa alla Confederazione

Persuasivo è stato, dal punto di vista di Fabio Regazzi, “il ragionamento affiorato negli ultimi mesi per cui è parso ai cittadini che vi siano i soldi per molte cose”: dall’esercito, all’agricoltura, dalla ricostruzione dell’Ucraina, ai rifugiati. E che dunque “sia possibile trovarli anche per i nostri anziani, una categoria a cui va giustamente un riconoscimento da parte di tutti”.

Selezionare le spese dello Stato: è questo per Bruno Cereghetti il nodo da sciogliere per affrontare il problema del futuro finanziamento del primo pilastro pensionistico: “Il mondo politico deve concentrarsi sui ‘problemi reali’ delle persone, cercando di definire meglio le proprie priorità di spesa”. Non si rischia di andare a toccare i nodi delicati della solidarietà, come l’aiuto allo sviluppo, chiediamo a Cereghetti? “È chiaro che oggi le scelte dovranno essere estremamente dolorose. Noi viviamo ancora in una politica che spinge per soddisfare tutte le richieste che provengono dalla società; questo però alla lunga non sarà più sostenibile”.

Fabio Regazzi è però molto scettico sulla possibilità di giungere realisticamente a un esercizio del genere: “Vorrei ricordare che a livello federale stiamo in questo momento mettendo in atto un esercizio di risparmio, poiché si sono già registrate delle perdite significative negli ultimi anni che ora si vogliono evitare”.

“Già per questa iniziativa la Confederazione dovrà partecipare con la sua quota pari al 20,2%, ovvero un miliardo l’anno, che andrà reperito indipendentemente da altre considerazioni. Dire alla Confederazione: prenditi tu sulle spalle un ulteriore finanziamento dell’AVS mi sembra improbabile”.

Le ipotesi di finanziamento

Resta però il fatto che il tema adesso è quello del finanziamento. “Magari non è stato detto in modo abbastanza chiaro, ma questa iniziativa costerà. E costerà parecchi soldi”, rincara Regazzi. “Avrà un complessivo impatto finanziario all’inizio di circa 4 miliardi, che poi crescerà poiché ci avviciniamo al periodo in cui tutta la fascia dei Baby Boomer andrà in pensione. Le stime indicano che verso il 2030 avremo un costo supplementare di 5 miliardi di franchi l’anno”.

Quali dunque le ipotesi di finanziamento più realistiche? Regazzi: “Le ipotesi classiche sono due: l’aumento del prelievo AVS sui salari, ma stiamo parlando di un nuovo incremento del costo del lavoro. Come USAM ci opponiamo fermamente a questa ipotesi. Rimane la soluzione di accrescere nuovamente l’IVA. Io sono più aperto a questa opzione: l’incremento della rendita AVS è stato voluto da tutti, ora è giusto che la paghino tutti gli svizzeri attraverso l’Imposta sul valore aggiunto.

Vi sono sul tavolo anche un paio di idee alternative: una micro tassazione delle transazioni finanziarie o una tassa sulle successioni. Queste soluzioni non mi convincono, perché i contributori che si vorrebbero chiamare alla cassa con queste idee sono anche molto mobili, sono in grado di spostare lontano dalla Svizzera i loro patrimoni e capitali, lasciandoci con il classico pugno di mosche”.

Innalzamento dell’età, troppo presto per parlarne

Più praticabile sarebbe stata, per Fabio Regazzi, l’idea innalzare l’età pensionistica, bocciata però ieri in maniera chiara dal popolo svizzero: “Purtroppo ci si è accaniti a mantenere in vita un’iniziativa che si sapeva essere condannata a priori. Però adesso, dopo una decisione così chiara e netta, il tema è accantonato”. “Non stava a me dire ai Giovani Liberali di ritirare la loro iniziativa; io auspicavo lo facessero per evitare di metterci una pietra sopra per parecchi anni. Un peccato, perché si tratta di un’ipotesi che andrà affrontata, come hanno fatto molti Paesi, nel Nord Europa e non solo”

Ne conviene Bruno Cereghetti: “La proposta di innalzare l’età pensionabile era fuori tempo, non era il momento giusto per lanciarla. Anche perché è passato poco tempo dal doloroso innalzamento dell’età pensionabile delle donne”. Parere opposto invece a quello di Regazzi sulle modalità di rientro: “Nel corto termine sono poco favorevole a un innalzamento dell’IVA, che è una tassa anti sociale, mentre mi sembra che un piccolo incremento del prelievo sui salari potrebbe essere sopportabile, anche perché avrebbe un effetto di ridistribuzione della ricchezza verso i redditi più modesti”.

L’AVS resta precaria

“Ciò non toglie che se si aumentassero troppo i contributi si aprirebbe un altro problema sociale perché si andrebbe a erodere il potere d’acquisto dei cittadini”, aggiunge però Cereghetti. “Rimane il problema di ordine più generale. Quando fu pensato il sistema previdenziale i lavoratori erano di gran lunga più numerosi dei beneficiari. A lungo termine si pone un problema di sostenibilità di tutto il sistema”.

“Adesso si sta facendo di tutto per tenere l’AVS in vita ma, con moltissime analogie col sistema dell’assicurazione malattia: siamo quasi a un accanimento terapeutico. Per ora si lavora di cerotti, ma andrebbe posto il problema di una riforma totale del sistema previdenziale, e più ampiamente dello Stato sociale. La classe politica però non pare interessata a questi discorsi, è ancorata troppo al presente, alla risoluzione dei problemi immediati. Non bisogna però dimenticare che la stessa AVS, oggi considerata un gioiello del sistema sociale, venne introdotta solo dopo lunghi decenni di ponderazioni e rifiuti”.

Cosa pensa Regazzi dell’ipotesi di un ripensamento globale della previdenza? “Bisogna essere realisti”, ci dice: “Già condurre in porto delle piccole riforme è un’impresa ardua. Basti pensare alla riforma del secondo pilastro, elaborata a fatica a Berna l’anno scorso e che sarà sottoposta presto a referendum, il cui destino, a mio avviso, è appeso a un filo. Dunque, immaginare di ripensare in modo sostanziale l’impalcatura dell’AVS mi pare un’utopia. È un’assicurazione sociale amata perché fa parte in qualche modo nel DNA svizzero, è percepita come un’autentica conquista sociale. Ciò non toglie che ora si dovranno reperire i miliardi mancanti, e sono prevedibili scontri infuocati e una lunga scia di dibattiti”.